Come recita un antico adagio “l’altezza non si insegna”, ma è anche vero che l’abbondanza di centimetri non sempre porta ad una copiosa efficienza in campo; anzi, abbondano casi di centri tanto alti quanto di basso livello tecnico e di ancor più basso impatto sulla propria squadra…
Il giovane Roy Hibbert, centro 25enne alto 7-2, sembra rappresentare uno dei casi positivi fra i giganti del pitturato; la stagione scorsa è infatti stato una delle note liete, seppur discontinue, ad Indiana.
Peccato che il suo 23,6% di Usg% (secondo dopo Granger) abbinato ad un lodevole (per un lungo) 12,8% di Ast%, siano stati visti l’anno scorso per soli 27,7 minuti di media in campo (sufficienti ad accumulare 3,2 falli), da cui derivano 12,7 scialbi punti di media, figli del 46,1% dal campo e 74,5% ai liberi. Cifre non eclatanti, ma osservandolo giocare, si scorgono doti che i numeri non manifestano e, considerando che l’ultima stagione è stata la migliore per lui, il ragazzo merita decisamente un’occhiata più dettagliata.
IDENTIKIT
Altezza: 7-2 (circa 218-220 cm)
Peso: 260 (circa 118 kg)
Età: 25 (11/12/1986)
Statistiche peculiari
– difesa: fra i centri alti almeno 7-1, in carriera, solo sei hanno un Trb% inferiore al 13,7% di Hibbert (career high la scorsa stagione a quota 15,1%, 37simo in Nba): Bol, Cartwright, Smits, Longley, Brezec e Breuer, mentre in 23 hanno una media carriera superiore… Restringendo i dati ai rimbalzi difensivi, il suo 21% di Drb% è stata la 34esima prestazione della lega l’anno scorso (incoraggiante l’attuale 23,5% di Drb%)
Dunque è fuor di dubbio che, data l’altezza, Roy potrebbe fare di più a rimbalzo e, sorvolando sulle modeste doti di saltatore e sulla forza fisica non certo prorompente, almeno un po’ più di agonismo gioverebbe al suo impatto sotto i tabelloni.
Un aspetto in cui invece dovrebbe, inversamente, lasciarsi andare di meno, sono i falli: la media al minuto è sempre scesa nei primi tre anni, ma, nondimeno, la stagione scorsa erano ancora 4,1 rapportati a 36 minuti (quest’anno siamo a quota 3,8). Di pari passo è anche scesa, stagione dopo stagione, l’efficacia come stoppatore, il Blk% attuale è il career low di 4,1%.
Per quello che ci ha fatto vedere sinora, sembra destinato ad esser uno di quei centri che, in barba alla propria altezza, si fanno ricordare più per le doti offensive che per la strenuità difensiva.
– attacco: qui Roy sembra più interessato ai rimbalzi: il 12,2% di Orb% dell’anno scorso, lo posizionava sesto (a pari merito con specialisti come Chandler e Okafor), ed è infatti un suo pregio palese quello di andare costantemente alla ricerca di una seconda opportunità sui tiri dei compagni, anche quando si trova fuori dal pitturato.
Palla in mano, va notato come il 51% dei suoi tiri siano nati da situazioni di post up; solo Howard (59%) e Milicic hanno superato il 50%, ma mentre questi due non raggiungono poi nemmeno l’1% di tiri da spot up (i cosiddetti “piazzati”), Roy si distingue con un 5%, che per un aficionado del post up non è affatto un cattivo risultato, anzi un indice di un attacco che può giovarsi anche di una dimensione più perimetrale.
È infatti uno dei centri che più ricorre al tiro da oltre i 4 metri e mezzo, con 2 tentativi a partita; solo Duncan (2,9) e Lopez (3,6) ne tentano di più (escluso lo pseudo-centro Bargnani a quota 5,4); tuttavia, Roy ne insacca uno scarso 30% (Duncan 43%, Lopez 39%). Forse questo è l’unico chiaro margine di miglioramento del suo attacco: cercare di raffinare l’efficienza del suo tocco perimetrale, dato che l’offensiva dei Pacers lo chiama spesso in causa, come vedremo, in situazioni di scarico o pick n’ pop.
Nel pitturato è stato invece uno dei più autonomi: solo il 54% dei tiri sono su assist, quarto fra i centri per minor dipendenza da passaggi altrui.
Contesto di squadra: dopo 12 gare, quindi in modo molto provvisorio, ci sono sei giocatori in doppia cifra in un intervallo di 5 punti, complici anche percentuali al tiro a dir poco infelici, ad eccezione proprio di Hibbert (solido 52,7%).
L’arrivo dell’ala West, dovrebbe garantire una maggiore distribuzione delle responsabilità offensive (anche se finora tutto l’attacco sembra ancora in affannosa fase di rodaggio: 41,5% dal campo) così come l’incremento di minuti al sophomore George (11 in più rispetto all’anno scorso) è da leggere come l’intenzione dello staff tecnico di investire sul ragazzo (che finora sta ripagando con una buona concretezza).
Roy, in questo quadro, dovrebbe essere la terza o quarta opzione offensiva, alternando giocate in post basso e situazioni fronte a canestro, investendo sulla sua capacità di essere pericoloso in entrambi i casi e, soprattutto, sulle sue doti di passatore; già l’anno scorso usciva spesso verso la punta dell’arco per ricevere e smistare palloni verso il pitturato (un po’, con le dovute differenze, seguendo la “scuola Camby”), lasciato appositamente libero per tagli e post up delle ali.
SCOUTING
La grossa fetta del suo attacco è indubbiamente il gioco in post basso, zona del campo in cui cerca spesso la ricezione nei primi momenti dell’attacco (anche in transizione percorrendo la via centrale) riuscendo a tener dietro il proprio uomo e poi concludendo con uso “ottimizzato” dei palleggi (solo se necessario) e tranquillità nella gestione del piede perno.
Ha un buon svitamento verso la linea di fondo, garantitogli dalla buona rapidità di piedi ed una coordinazione agile non scontata per uno della sua altezza. Il rovescio della medaglia è che avendo un baricentro alto, poco peso (un paio di chili in più di LeBron per intenderci) e non troppi muscoli, rischia di essere spostato da centri più bassi e tosti, o quantomeno di non riuscire a spostare quasi nessuno, dovendo ripiegare sull’opzione “ok, non ti sposto, ma di sicuro ti tiro sopra…”.
Vediamolo in azione:
In pick n’ roll non ha molta fortuna come bloccante, data la silhouette smilza e la tendenza a fare lo “slip” (scivolamento anticipato per sorprendere la difesa) più che bloccare tosto e poi fare il “roll“. Ma anche questo aspetto, come la grinta molto contenuta, credo lo accompagnerà per tutta la carriera.
Osserviamolo ancora:
Encomiabile infatti come, nonostante il buon arsenale offensivo e le aspettative su di lui, Roy resti costantemente attento ai tagli dei compagni ed alle occasioni di passaggio, senza forzare mai soluzioni personali ed, come detto, mostrandosi quasi bisognoso di una maggior fiducia in se stesso e nei propri mezzi (è una delle “mosche bianche” per cui ha senso auspicarsi qualche extra-pass in meno e qualche aggressione al ferro in più).
Per il resto, fronteggia raramente ed è forse un peccato, perché la combinazione di piedi reattivi e lunga falcata potrebbe garantirgli quasi sistematicamente un gancio in corsa che sfodera solo sporadicamente, ma che è difficilmente contenibile, così come il fade away verso la linea di fondo, un po’ più ostico come esecuzione, ma altrettanto proibitivo da difendere se eseguito da un 7-2.
Capitolo tiri liberi: l’anno scorso li ha realizzati con un buon 74,5% su 3,4 tentativi a partita. La posizione prevede gambe larghe (più delle spalle), routine di tre palleggi, poi morbida frustata con le braccia; il tiro (e non solo ai liberi) ha una parabola molto contenuta, ma è probabilmente istintivo per Hibbert eseguirlo così, essendo una questione d’altezza del rilascio rapportata a quella del ferro.
Eccolo in atto:
PUNTATE PRECEDENTI:
Focus: palla al centro? (Part I)
Focus: palla al centro? (Part II)