Palla al centro: Andrew Bynum

December 18, 2011

Per affrontare Bynum partiremo da un triangolo; non (solo) quello di Tex Winter, bensì quello di tre nomi accomunati dal Minnesota: McHale, Milicic e Rambis.

 

L’ex-GM ed ex-coach dei Timberwolves, McHale era soprannominato “black hole” per la tendenza a sfruttare “personalmente” i palloni concessigli dai compagni; ce ne fossero ancora di “buchi neri” con una carriera da 17,9 punti a partita con il 55,4% dal campo ed un campionario di movimenti da far impallidire un catalogo IKEA… memorabile fu il 1987 quando Kevin segnò 26,1 punti di media con il 60,4% dal campo: neanche Chamberlain, né Shaq, possono vantare una combinazione simile…

Nel suo “piccolo”, Anche Bynum (con tutte le differenze del caso) dà l’impressione di essere avido di tiri in proporzione ai possessi che tocca, ma è anche vero che giocando con Kobe & Pau (così come Kevin aveva Larry & Robert), complice anche lo spartito dell’attacco triangolo, di palloni espressamente dedicati a lui, non ce ne sono mai stati molti, per cui, visto l’entusiasmo giovanile del ragazzo, è ragionevole che cerchi di capitalizzare ogni sporadica occasione (ed il 57,4% dal campo lo giustifica). In che modo?

 

Va notato a tal proposito come solo lui e Milicic possano vantare almeno il 40% dei tentativi in post up ed il 15% di tentativi su taglio, indice di capacità offensive sia con palla in mano che lontano dalla sfera (per quanto Darko realizzi in media solo 9 punti in 24 minuti). Tutto merito delle loro capacità individuali? Quasi; un indizio: Pau Gasol ha cifre simili, 39,3% dei tiri in post up e 14,9% su taglio; se questi tre giocatori (Andrew, Darko e Pau) vi fanno pensare ad un triangolo su una lavagnetta, avete afferrato a cosa sto alludendo…

 

Infatti, i T-Wolves di Rambis hanno adottato diversi spunti dell’attacco triangolo, che il loro ex-coach, ex- Lakers, ha appreso proprio ad L.A. come assistente di Phil Jackson; sicuramente il ruolo che la triple post offense prevede per il lungo, ha il suo zampino sia nei post up che nei tagli collezionati dai suddetti lunghi.

 

Arrivati allo Staples Center, passando per il Minnesota, è il momento di riassumere le puntate precedenti della:

 

BYNUM STORY

 

– Da rookie gioca 46 gare a neanche 8 minuti di media (complice anche un infortunio leggero al piede destro);

– l’anno successivo gioca tutte le 82 partite, con 53 presenze nello starting five, a quasi 22 minuti di media (dimezzati però nelle 5 gare di playoff), purtroppo per lui sufficienti ad accumulare 3 falli a partita, tuttavia, a 19 anni, il tempo è dalla sua parte (ma non Kobe… ricordate la storia delle dichiarazioni pro-Kidd e contro-Bynum?)

– …forse il tempo, ma non certo la fortuna: al terzo anno arrivano il grave infortunio al ginocchio sinistro (ben 67 gare saltate), l’All Star Pau Gasol ed una cavalcata dei Lakers sino alle Finals che Bynum deve godersi in borghese; tutt’altro che una stagione rincuorante per il giovane Andrew.

– l’anno seguente, giocherà 50 gare in stagione regolare (stavolta il ginocchio che cede è il destro) e nei playoff verrà dosato con il contagocce: 17 minuti a partita (e canonici 3 falli di media…), ma almeno può gioire con l’anello al dito, a scapito dei Magic di Howard.

Nell’anno del back-to-back, le gare giocate salgono a 65 ed i minuti per gara toccano i 30 (scendono a 24,4 nei playoff) e Bynum continua ad essere un project, non per motivi di anagrafe o d’esperienza, quanto per distanza fra quanto rende e ciò che potrebbe fare… già, ma quando?

– La stagione scorsa, entrambe le ginocchia hanno scricchiolato, limitandolo a 54 gare a 28 minuti di media, eppure in post season ha avuto finalmente un impatto importante con 32 minuti di media a 14,4 punti (54% dal campo ed 83% ai liberi), 9,6 rimbalzi e 1,4 stoppate.

 

Le curiosità sulla prossima stagione del centro 24anne spaziano quindi da quante partita riuscirà a giocare, fino a come saprà gestirsi (ed essere gestito) fuori dai dettami della triple post offense (e senza la figura ieratica di coach Zen), ma intanto conosciamolo meglio…

 

 

IDENTIKIT

 

Altezza: 7-0 (circa 213-215 cm)

Peso: 285 (circa 129 kg)

Età: 24 (27/10/1987)

 

Statistiche peculiari:

 

-difesa: quarto a pari merito con DeAndre Jordan per Blk% con 5,4% (dietro a McGee 6,7%, Milicic 6,3% e Bogut 5,8%); migliorato anche come rimbalzista difensivo (24,7% Drb%, 12esimo); se è in forma, con la sua sagoma longilinea può alterare le parabole dei tiri senza necessariamente “toccarle con mano”, e, ginocchia permettendo, ha anche una discreta rapidità nelle rotazioni; viene spesso sottovalutato il fatto che condivide il campo con Gasol e Odom: entrambi, almeno quantitativamente, sono buoni rimbalzisti.

 

-attacco: dopo Nene (61,5%) e Howard (59,3%), Bynum è il centro più preciso dal campo con il 57,4%, basti pensare che ha la stessa efficacia di Duncan nel segnare dal post basso: 47,3% dei possessi giocati finiscono nella retina, solo B. Lopez (48,2%) e Howard (50,1%), sanno fare di meglio. Inoltre, Solo Howard, Milicic, Hibbert e Bogut hanno una maggiore percentuale di tentativi in post up sui tentativi totali (Bynum è a quota 44,6%), ma fra loro è l’unico che supera anche il 15% di tentativi da rimbalzo offensivo (16,7%); non per nulla, è terzo per ORB% con 13,3 dietro a Noah (13,9%) e Camby (13,8%). Non bisogna nemmeno farsi ingannare dal numero modesto dei tentativi: il ragazzone ha, come vedremo, buoni movimenti ed un tocco affidabile, risultando in aggiunta uno dei migliori della lega in situazione di pick n’ roll.  Tradotto senza scomodare tantii numeri: Andrew è una suntuosa presenza nella paint offensiva.

 

 

Contesto di squadra: asservito alle geometrie del triangolo (e molto diverso da Gasol  nel comprendere il gioco a 360 gradi), il giovane Andrew, tra un acciacco ed un altro, è sceso in campo sapendo di essere la terza/quarta opzione, per cui ogni palla recapitatagli in post doveva essere gestita con sapienza, bilanciando dinamiche di squadra e capacità personali. I risultati sono stati più che buoni: poche le palle perse, elevata la percentuale di realizzazione ed una buona presenza sotto le plance offensive, ma soprattutto, nei playoff, molta voglia di fare, molto agonismo e lampi di talento cristallino. Si vede che il giovanotto ha, a buon ragione, voglia di farsi notare, ma si vede anche che non è nel contesto adatto.

 

 

 SCOUTING

 

Si tratta di uno di quei giocatori che stanno stretti nei proprio numeri, vedendoli giocare si intuisce subito che gli altri che hanno cifre simili, non ha affatto potenzialità né talento simili; poi, sbirciando la cronologia degli infortuni, emerge anche che non è esattamente il più fortunato fra i giovani in rampa di lancio. Tuttavia, l’essere acerbo di Bynum è una questione di esperienza sul campo e di coinvolgimento, ma niente affatto una questione di “immaturità tecnica”, anzi si vede che è stato ben “rodato” in allenamento.

Una tendenza che si nota è che, talvolta, salta sul posto quando riceve spalle a canestro, facendo un solido arresto ad un tempo, con gambe più larghe delle spalle e prontamente piegate dopo l’atterraggio; il vantaggio è un baricentro basso quindi stabile, la possibilità di spingere con busto e gambe, o meglio, di non farsi spostare facilmente e, occupando molto spazio a terra, avere una larga base su cui poter operare, magari per girarsi su uno dei due piedi perni, potendo scegliere quale (grazie all’arresto ad un tempo). Inconveniente? Speriamo che non trovi mai un piede sotto di sé mentre riscende dal salto, perché se ci atterrasse sopra, lo vedremo fuori dai giochi per un bel po’…

Per il resto, è parso abbastanza a suo agio anche nell’uso mano sinistra, padroneggia un buon armamentario di finte di tiro e movimenti di testa che hanno pochi eguali fra i suoi coetanei, e dà l’impressione di poter schiacciare in punta di piedi; al resto ha pensato madre natura. Vediamolo in azione:

 

 

Uno spunto di miglioramento potrebbe essere quello di diventare più disinvolto nel mettere palla a terra per avvicinarsi al difensore, prendere contatto dorsale e poi “lavorarselo” in post (come abbiamo visto fare spesso a Bogut, un altro centro che non avendo jumper vive di low post).

Nel complesso, non è certamente un “centro moderno” (cioè un’“ala grande maggiorata”) né per quanto riguarda la gittata di tiro (tira in media da circa un metro dal ferro), né per la familiarità con il palleggio o l’extra-pass; intendiamoci: sa darla con affidabilità fuori dai raddoppi e non è troppo possessivo con la sfera se c’è un assist plausibile, ma non è un point-center come Gasol o Camby… in compenso copre bene il campo in contropiede ed è una presenza a rimbalzo offensivo. Alcuni esempi:

 

 

Osservandolo giocare, avrete notato come sia molto dinamico in fase di smarcamento, situazione in cui forse emerge di più il lavoro di tecnica fatto in allenamento (special thanks to Jabbar?): con la sua combinazione di altezza, peso, forza e fondamentali, sembra potersi smarcare per ricevere palla a piacimento. Soprattutto, è abile nel prendere posizione, quasi letteralmente, sotto canestro, come già visto chiaramente negli spezzoni della partita contro i Knicks, grazie alla “connivenza” della (non)difesa di Stoudamire (che ha spesso tentato poi di recuperare con la stoppata…).

Diamo adesso un’occhiata ad alcune situazioni in cui Andrew ha ottenuto una buona posizione, (pur finendo con il non ricevere palla o senza poi tirare), facendo particolare attenzione al gioco di piedi, all’uso del busto ed al  vantaggio garantitogli dalle lunghe leve:

 

 

Capitolo tiri liberi: la routine solitamente è: far giare la palla sulla mano sinistra, un paio di palleggi molleggiando un po’ con le gambe, altro giro di palla sulla mano sinistra e poi esecuzione.

Al momento del tiro, si nota visibilmente l’ampia apertura del gomito sinistro, quasi a 90 gradi rispetto a quello destro, che invece punta dritto al ferro; il polso destro è ben piegato (per evitare il tiro a “catapulta”), la palla tenuta davanti alla fronte senza indietreggiare troppo e la spinta ginocchia/braccia è coordinata. Nel complesso il movimento potrebbe essere più fluido e meno “a molla”, ma per un centro con quelle leve, non ci si può lamentare.

Desta comunque qualche perplessità il calo delle percentuali: dall’affidabile 73,9% dell’anno scorso all’inappagante 66% dell’ultima stagione; è invece semplicemente allarmante questo dato: in casa ha tirato i liberi con il 75,6%, mentre lontano da L.A., dove ne ha tirati in media anche di più, si è fermato ad un “howardiano” 59,8%

 

 

 

BYNUM ON THE BLOCK

Recentemente si parla molto di Bynum come pedina da mettere sul mercato, per pezzi di grosso calibro (“for the right deal” ha sibilato il management di L.A.) e l’imputato principale è Dwight Howard.

Non tifo Lakers, ma credo che L.A. farebbe comunque bene a ponderare bene tale cambio di maglia… alcune considerazioni personali:

– Dwight è indubbiamente la “versione fortunata” di Bynum: mai problemi di infortuni drammatici (7 gare saltate in 7 anni), da sempre molta libertà di esprimersi anche in attacco (leggi: nessun Kobe nello spogliatoio) e poca concorrenza nel ruolo (nessun Gasol in squadra), bacheca con tre titoli consecutivi di Defensive player of the year (serie aperta), una gara delle schiacciate vinta e diverse boutade che lo hanno reso personaggio simpatico oltre che, meritatamente, simbolo dell’elite cestistica della lega.

Ma al di là delle biografie, per nulla paragonabili, siamo sicuri che, attualmente, ci sia molto da guadagnare nei Lakers con Howard al posto di Bynum? Non si dà troppo peso al curriculum?

 

– In ambito numerico, va sottolineato come Howard abbia giocato 10 minuti di media in più a partita, per cui la differenza fra le prestazioni va rapportata anche a questo fattore. Non è poi nemmeno così ovvio che anche l’anno prossimo Bynum debba soffrire di problemi fisici, specialmente considerando un’off season prolungata ed un campionato un  po’ più breve; per cui, se entrambi sani, quali sono i vantaggi che Howard apporterebbe alla causa losangelina? Più difesa? Non molta (occhio a non farsi ingannare delle onorificenze; l’anno scorso: Trb%: 21,8% a 19,2% per Howard; Blk% 4,9% a 5,4% per Bynum, e, avendoli visti giocare, se dovessi scegliere fra i due, lancerei serenamente una moneta…). Più atletismo? Si, molto. Più attacco? No, anzi… Più schiacciate? Si, qualcuna. Una miglior compatibilità tattica? Difficile dirlo finché Mike Brown non ci mostra cosa ha in mente.

 

– Va poi considerato che Howard, in carriera, è sempre stato un perno molto coinvolto dal proprio attacco, raggiungendo sempre almeno il 21% di Usg%, cifra che Bynum, invece, non hai mai raggiunto; eloquente che il minimo dell’uno sia superiore al massimo dell’altro… e non è pacifico che i Lakers, con Kobe & Pau, abbiano intenzione di dare molti palloni sotto a Dwight: Bynum lascerebbe infatti “in eredità” 9,5 tiri (compresi quelli con fallo subito) in 27 minuti ad un Howard che viene da circa 19 tiri con 37 minuti in campo.

Non è questo un aspetto da sottovalutare: la permanenza prolungata di Howard e Gasol assieme rischierebbe inevitabilmente di sacrificare il minutaggio di Odom (giocando con Artest ala piccola), oppure di sacrificare il minutaggio di Artest (alleluja!) per sfoggiare una front line imponente, ma un attacco decisamente povero sul perimetro (ammenoché Odom non replichi il career high di 38,2% da tre), che spingerebbe la difesa ad arroccarsi nel pitturato, intasando la paint anche per gli attacchi di Kobe. La vecchia storia della coperta troppo corta…

Detto in sintesi: per dare adeguato spazio ad Artest-Odom-Gasol, il centro titolare non deve superare i 30 minuti, oppure si panchina lungamente Artest, rinunciando ad un po’ di difesa e di pericolosità perimetrale (lo so, non stiamo parlando di un cecchino, ma ad L.A. persino Ron risulta un tiratore…).

 

– Per quanto riguarda invece la gestione della palla nel collettivo, Howard e Bynum hanno la stessa media di assist a partita (1,3) sebbene in situazioni (e minutaggi) differenti: Bynum è stato forse agevolato dall’attacco triangolo, ma Howard ha svolto un ruolo da prima opzione offensiva (circondato da tiratori) che dovrebbe favorire le assistenze; il ruolo impegnativo di Dwight emerge sfacciatamente se si considera che Howard, rapportando i dati a 36 minuti, fa registrare quasi il doppio di palle perse rispetto a Bynum (3,4 contro 1,8).

 

– Abbiamo quindi un Dwight molto abituato ad essere partecipe del proprio attacco, ma con il vizietto della palla persa, che dovrebbe calarsi in un contesto di squadra che gli chiederebbe meno responsabilità in attacco (terza opzione offensiva?) mettendogli a disposizione meno possibilità di scarico perimetrali (e resta inoltre da vedere chi sarà il suo compagno di pick n’ roll); per cui, almeno parlando dell’attacco, Dwight in gialloviola non è un immagine così idilliaca come potrebbe sembrare a prima vista.

 

– Non va poi ignorata la differente maturazione dei due: se è vero che Dwight collezione ancora falli tecnici (0,3 per gara, secondo assoluto dopo l’ostico Perkins) e Bynum si è concesso qualche colpo proibito in difesa, è altrettanto palese come Howard sia ormai compiuto come giocatore; potrà smussare o perfezionare qualche dettaglio del suo gioco, ma è probabile che non cambi più di molto il suo apporto. Bynum ha invece ancora ampi margini di miglioramento e di rendimento (anche legati alla quantità della permanenza sul parquet) su entrambi i versanti del campo. Mentre abbiamo imparato a conoscere bene Howard nei panni di prima opzione in attacco e baluardo in difesa, resta ancora da vedere quanto potrebbe rendere Bynum, sano, con più minuti e più responsabilità.

 

– Di sicuro, guardando all’attuale roster di L.A., direi che il problema non è il centro, almeno finché i play sono Fisher e Blake, e le ali piccole sono Artest e Barnes… Proprio il neo-coach Brown, nella sua conferenza stampa di presentazione, aveva ricordato i suoi tempi d’assistente agli Spurs, quando c’erano in squadra le “due torri” Duncan e Robinson; tuttavia, oltre a tutte le differenze intrinseche, va ricordato che, nel back court, il play era il furetto Parker affiancato da uno Stephen Jackson ed un Manu  Ginobili che sfioravano i 20 punti di media, in due; oggi, ai Lakers, c’è  Fisher affiancato da Odom ed un certo Bryant… non proprio gli stessi pezzi tattici del puzzle texano.

Staremo a vedere…

 

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *