Non ha vinto anelli come Magic Johnson, non è stato l’inossidabile guida di un’unica squadra come John Stockton, non ha collezionato triple doppie come Oscar Robertson né elevato il gioco ad un nuovo livello come Bob Cousy. Eppure, assieme a questi assorti nell’Hall of fame, Mark “Action” Jackson è uno dei migliori passatori di sempre.
E non si tratta semplicemente di aver accumulato, anno dopo anno, migliaia di assist in carriera (terzo a quota 10334, dopo a Stockton e Kidd, prima di Magic, Robertson e Nash); qui non si discute solo di quantità, ma di raffinata e spettacolare qualità e, per la cronaca, fra i succitati, solo Stockton ha un rapporto assist/perse (3,75), migliore di quello di Mark (3,3).
Mark Jackson è definibile in breve come la “street version” di John Stockton (meno tiro, ma più senso dello spettacolo), il prototipo di Jason Kidd (per Mark, le medie in carriera parlano di circa tanti assist, 8, quanti tentativi, dal campo 8,3), uno dei rari play in grado di creare e rendere anche spalle a canestro (come, attualmente, Andre Miller o Kidd), sia un gestore/esecutore impeccabile, ch un creatore/inventore con pochi eguali.
Ripercorrere la sua carriera sarebbe un cammino lungo e ricco di storie; partendo dal premio di “Rookie of the year”, con tanto di record assoluto di media assist per un esordiente, unico a superare i 10 (per l’esattezza, 10,6 in quasi 40 minuti), al ruolo di back up di Stockton nel 2002-2003, proprio quello Stockton di cui interruppe la striscia di 9 stagioni consecutive come miglior assist-man: accadde nella stagione ’96-’97, in cui Mark giocò 52 partite con Denver (12,3 assist in 38 minuti) e 30 con Indiana (9,8 assist in 35 minuti), ma nonostante il cambio di squadra, di coach, di compagni e (non irrilevante per un playmaker) di playbook, a fine anno vantò 11,4 assist, primo assoluto. Unico giocatore a compiere un’impresa simile, ovvero, quando l’arte del passaggio non dipende solo dal contesto e dall’affiatamento, ma è un dono, oltre che un attitudine.
(Anche Kevin Porter riuscì a vincere questa classifica giocando per due squadre differenti, nel ’77-’78, ma, a ben vedere, spese solo 8 partite con Detroit e le restanti 74 con i Nets, dove raddoppiarono i minuti e gli assist; tutta un’altra storia…).
Piuttosto che dilungarci in chiacchiere e numeri, conviene lasciar parlare le immagini, ammirando il prode Mark, con tutta la sua maestosa padronanza del gioco, in questa Top-15 composta da quelle che, secondo il sottoscritto, sono le quindici giocate (perlopiù assist) che meglio illustrano lo stile di Jackson.
Buon divertimento…