[Novembre 2010] Bynum vs Howard? Sulla carta si direbbe Davide vs Golia.
Già, c’è proprio il rischio che il meno favorito riservi interessanti sorprese…
Iniziamo dalle “buone frequentazioni”; entrambi vantano mentori di caratura rilevante: Bynum è stato svezzato da tale Jabbar e s’allena comunque con Gasol, mentre Howard è stato seguito per anni da Ewing (difficile a dirsi guardando le due inaccostabili meccaniche al tiro libero, ma ci torneremo in seguito…) ed ha avuto una (ben pubblicizzata) sessione di work out in off season con Olajuwon. Osservandone la sintesi è impressionante (oltre a come Olajuwon abbia fermato il tempo ed abbia un footwork da far invidia a un ventenne) la coordinazione con cui Dwight esegue movimenti che non fa solitamente in partita, il suo buon gioco di gambe e come la meccanica di tiro sul fade away sia decisamente “presentabile” in un contesto di partita vera. Certo, una cosa è tirare in allenamento senza difesa e senza compagni, ben altra è saper leggere la difesa e coordinare quei movimenti in un attacco a 5… ma il potenziale è limpido ed accattivante.
La differenza più lampante tra i due sta notoriamente tutta nel curriculum: nell’anno della sua quarta convocazione consecutiva all’All Star Game, Howard ha bissato il premio di Defensive Player of the Year, bissando anche la duplice vittoria delle classifiche rimbalzi e stoppate a partita nello stesso anno (nei rimbalzi aveva vinto anche tre anni fa), risultando inoltre il migliore per percentuale dal campo (61%) e riconfermandosi per il terzo anno consecutivo nel primo quintetto difensivo e per il secondo anno consecutivo nel primo quintetto ideale. Senza dubbio una bacheca già ricca di onorificenze al sesto anno d’attività ed altri onori arriveranno di certo.
E Bynum? Bhè, l’anno scorso è stato sesto per percentuale dal campo con il 57%… ed è centro titolare dei campioni in carica… tutti qui.
Ok, il paragone è apparentemente ingrato, ma con un’analisi più attenta e calibrata scopriremo che trai due non c’è quell’abisso che pare incolmabile leggendone le referenze.
Il 26 gennaio scorso, Charley Rosen, in questa risposta alla domanda di un fan che chiedeva un confronto fra i due centri, aveva sintetizzato così le pagelle:
Rosen chiarisce che non si tratta di valori assoluti, ma i “10” sono rapportati esclusivamente all’altro contendente, non a tutto il panorama Nba; quindi il 10 in “moves” per Bynum non significa che ha l’arsenale di Olajuwon, ma semplicemente che è ottimo rispetto a quello di Howard.
Sicuramente Rosen ne ha da insegnarmi, ma mi permetterei di dissentire su alcuni voti:
raw power: la “forza bruta” di Howard non mi sembra straripante (10!) rispetto a quella di Bynum (7?); di sicuro Rosen non si sarà fatto ingannare dalla migliore definizione muscolare di Superman… non so chi dei due sollevi più chili quando si sdraia in panca, ma la forza sprigionata in campo mi sembra poco dissimile: nessuno dei due sposta gli avversari basandosi sul proprio peso o sulla propria spinta, entrambi si basano piuttosto sulla lunghezza delle proprie leve e sul vantaggio atletico. Anche sul taglia-fuori (quando lo fanno) nessuno dei due fa il vuoto intorno a sé, ma sfruttano principalmente la loro maggior verticalità; onestamente, in questi aspetti fisici li ho visti abbastanza equivalenti, e non credo che la forza bruta sia direttamente proporzionale al numero di falli in attacco…
settings screens: istintivamente, si può confondere la stazza con il saper bloccare; la mole serve, ma non è tutto. Se valutiamo il tempismo, la precisione, l’angolazione e la stabilità dei blocchi, darei un salomonico 8 ad entrambi. Howard, per motivi di sistema offensivo, blocca molto più spesso di Bynum, quindi è più facile vedergli fare sia un cattivo blocco che un buon blocco, ma credo sia indubbiamente un fondamentale su cui debba ancora perfezionarsi e su cui Bynum, nonostante sia meno esperto, abbia poco da invidiare a Superman.
Salutiamo Rosen, ringraziandolo per la consulenza e torniamo al nostro confronto, confronto individuale che non va certo ridotto a duelli episodici o estemporanei highlight; bisognerà quindi improntarlo “a distanza”, nei rispettivi contesti di gioco e tralasciando la stagione attuale, in cui l’acciaccato Andrew deve ancora debuttare.
Proviamo anzitutto a considerare la maturità dei due, partendo dal “chilometraggio”.
Howard ha finora giocato 489 partite di regular season più 51 nei playoff (totale 540), Bynum 278 gare in stagione ma già 52 in post-season (totale 330). (I fanatici vogliono i minuti totali, regular season più playoff? Ok; 19454 per Dwight e solo 7580 per Bynum, meno della metà…).
È evidente come l’esperienza complessiva arrida a Dwight, soprattutto se consideriamo i minuti, ma a questa differenza di cronometro corrisponde anche una differenza di maturità?
Facciamo due conti con l’ultima annata: in stagione regolare, 2843 minuti per Howard e 1977 per Bynum, con 75 falli in attacco in stagione per Dwight, 24 per Bynum; 16 falli tecnici in stagione per Dwight, 3 per Andrew. Anche rapportando questi dati al minutaggio, emerge una padronanza di sé, fisica (falli in attacco) e mentale (falli tecnici) abbastanza differenziata. Occhio inoltre a non farsi ingannare da una ipotetica sproporzione nel coinvolgimento quantitativo all’attacco: la percentuale di possessi finalizzati (tiro o palla persa) è 20,8% per Bynum e 23,9% per Howard; la differenza non è tanto abissale da sconvolgere la rilevanza dei falli offensivi.
I falli tecnici potrebbero invece risentire del “ruolo”; Howard, a differenza di Bynum, sarebbe chiamato anche a fare il leader, ma non dimentichiamo che lui è quello del travestimento da Superman, quello dei tiri da metà campo nel pre-gara, quello della parodia del talco di James insomma, non certo un inappuntabile “timoniere” alla Duncan… non credo si tratti di falli tecnici “motivazionali” o di “pressione arbitrale”; sicuramente un po’ più di autocontrollo gioverebbe al minutaggio del ragazzone (soprattutto con le nuove regole, già 2 falli tecnici nelle prime 5 gare).
Sempre restando sintonizzati sulle statistiche dell’anno scorso, parliamo adesso di rimbalzi: Bynum ha giocato a fianco di buoni rimbalzisti come Gasol (17,1 Trb%) o Odom (17,3 Trb%); Howard con “assenteisti” come Lewis (7,8 Trb%) o Anderson (12,8 Trb%) e non si può certo dire che costoro sarebbero buoni rimbalzisti se non ci fosse Howard (ad esempio, Lewis in carriera non ha mai raggiunto il 12% di Trb%…). Per cui la differenza tra il Trb%, 22% per Dwight e 15,3% per Andrew, è da riponderare badando ai compagni, pur restando indiscutibilmente a favore di Howard.
Un altro vantaggio di Howard è, inutile ricordarlo, l’impatto difensivo in termini di sorveglianza nel pitturato: Dwight avrebbe fatto 4.8 falli spalmati su 48 minuti, Andrew 4.7, ma le stoppate non sarebbero lontanamente paragonabili (così come, ad onor del vero, non è stata paragonabile la condizione fisica): Howard 3,9 (su 48 minuti), Bynum 2,3.
Il Blk% di Bynum è curiosamente sempre diminuita in carriera, ma negli ultimi tre anni ha giocato 35, 50 e 65 partite rispettivamente, indice di una condizione fisica sempre incerta che sicuramente ne frena l’esplosività (come dimostrato nelle recenti e stoiche Finals, in cui era evidente che il bambinone giocava su poco più di una gamba…). In compenso è sempre diminuita anche il To%, ad indicare una gestione più attenta del pallone, soprattutto se consideriamo che invece l’Usg% è aumentato di anno in anno (20.8% lo scorso anno, terza % ad L.A, con Gasol secondo a 21.4%).
Inclemente per Howard è invece parlare di tiri liberi. Bynum è gradualmente cresciuto: il primo anno non ne ha praticamente tirati, 66% il secondo anno, poi 69%, 70%, ed infine 73,9% l’anno scorso); Howard ha esordito anch’egli con un ben augurante 67% da rookie, ma poi è restato costantemente d’un soffio sotto il 60%, nonostante negli ultimi tre anni ne abbia sempre tirati almeno 10 a partita (non male come allenamento “on the job”…).
Quando la palla è viva, la divergenza principale sta nel ruolo rivestito nei rispettivi attacchi: Howard è motore dell’offensiva dei Magic (nonostante qualche bell’assolo di Carter), basata o sul suo pick n’ roll o sul suo coinvolgimento in post basso con quattro tiratori a disposizione come scarico, o sul perimetro o con tagli al ferro. Bynum ha di “suo” decisamente meno: pochi i palloni dedicati a lui nella triangle offense, ma molta l’attenzione richiestagli nel partecipare ad un attacco che vede come finalizzatori privilegiati Kobe & Pau.
Circa il 9% dei possessi di Dwight è costituito da assist, mentre nel caso di Bynum scendiamo a circa 7%, a dimostrazione di come Howard debba anche “gestire” il gioco rispetto al ruolo principalmente da (terzo) finalizzatore che Bynum svolge nell’attacco Lakers, in cui la circolazione è gestita soprattutto dalle ali (Gasol incluso quando Bynum è in campo) e dalle guardie.
Ma scendiamo più nel dettaglio. Come realizzano i due centri?Affidiamoci alla competenza di 82games.com sia per Howard che per Bynum:
Nel complessivo Howard segna nel 49,6% dei casi su assist (tra i centri di livello solo Jefferson è più autonomo di lui: 44,8%), Bynum invece si attesta sul 58,7% grazie alla circolazione “triangolare” dei Lakers (ed ai passaggi di Kobe & Pau). Sarebbe comunque ingenuo fraintendere la maggior “indipendenza” di Dwight con una maggior tecnica individuale: sebbene segni maggiormente su assist, è lampante, vendendoli giocare, come Bynum abbia un arsenale tecnico superiore a quello di Howard. Questa differenza ci viene rappresentata dalle differenti soluzioni offensive dei due: un quarto dei tentativi di Dwight sono schiacciate, per Bynum invece un quinto, e l’87% dei tiri di Howard vengono dal pitturato, mentre per Bynum “solo” il 73%; ma la differenza è soprattutto nei jumper che rappresentano il 13% per Dwight (con il 25% di realizzazione) mentre per Andrew costituiscono il 27% (con il 36% di realizzazione).
Diamo anche un’occhiata alle rispettive shot chart relative alla regular season scorsa:
Nonostante la cospicua differenza di minutaggio (2843 minuti totali in campo per Dwight, 1977 per Andrew) la quantità di tentativi dal campo è pressappoco simile ad esclusione della zona adiacente il ferro.
Se Bynum ha tentato 10,3 tiri dal campo in circa 30 minuti di media, Howard ne ha provati “solo” 10,1 in quasi 35 minuti, ma va ricordato che ci sarebbero stati altri tiri a referto per Dwight se non avesse subito tanti falli: Howard è andato in lunetta 10 volte a partita, mentre Bynum ci è “capitato” solo 4 volte per game (credo che Dwight sia l’unico All Star in tutta la storia Nba a potersi “vantare” di essere andato in lunetta una volta per ogni tiro tentato dal campo…).
Mentre Bynum preferisce il post basso destro (a ragione, vista la percentuale migliore), anche perché solitamente, con lui in campo, sul lato sinistro giocava Kobe (senza un post basso a “tappargli” la paint…), Howard predilige quello sinistro nonostante realizzi il 36% contro il 44% del lato destro, ma è proprio da sinistra che Dwight ama prendere il centro dell’area per sfoderare il gancione in corsa oppure virare con rapidità di piedi notevole verso il ferro (i due movimenti che padroneggia meglio).
Un ultimo scenario, utopico ma forse a suo modo eloquente, potrebbe essere quello di immaginare (puro fantabasket) uno scambio di contesto: come giocherebbe Bynum ad Orlando, circondato da tiratori/realizzatori, continuamente coinvolto in pick n’ roll e chiamato a scaricarla fuori da eventuali raddoppi? E come invece Howard ai Lakers, con Kobe e Gasol, inserito nelle trame dell’attacco triangolo, meno pick n’ roll e comunque bersagliato dall’“hack the Howard”? Quanti (molti) punti segnerebbero i Magic? Quanti (pochi) punti concederebbero i Lakers?
Ai lettori l’ardua sentenza… per il resto, non resta che aspettare di poterci godere il confronto tra due giovani centri di assoluto livello, per rendimento ma anche per talento e margini di miglioramento.
APPENDICE – TIRI LIBERI
Bynum tira i liberi tendenzialmente con questa dinamica:
La routine è far girare la palla sulla mano sinistra, due palleggi oscillando leggermente, poi si tira.
Il dinamica è abbastanza fluida, la palla passa marcatamente sopra la testa (ma senza sporgere troppo indietro) facendo una pausa, la coordinazione braccia/gambe/caviglie è armonica e il rilascio lascia il braccio leggermente in avanti con il resto del corpo ben allineato (compreso il braccio d’appoggio) e in equilibrio.
Howard tira i liberi tendenzialmente con questa dinamica (mettete a letto i bimbi, roba da terza serata con bollino rosso):
Routine: far girare la palla tra sulla mano sinistra, 1 palleggio, piccola pausa, 2 palleggi lenti (guardando in basso) poi si esegue. I movimenti calmi e lo sguardo basso, suppongo, aiutino la concentrazione e, come dicono oltreoceano i personal trainer/motivatori, a visualizzare il gesto ed il suo successo [Sarò all’antica, e di certo non è il mio mestiere allenare i centri, ma gli consiglierei di concentrarsi guardando il ferro e visualizzare lì la palla che entra…]
Come osservato sagacemente da S. Pruiti nel suo blog “didattico”, quando Dwight tira “sembra stia giocando a freccette […] è tutto polso […] mira per colpire il canestro piuttosto che tirare”.
Difatti, la palla non va mai oltre la fronte, il braccio d’appoggio s’allarga all’esterno ed al momento della spinta il corpo è teso e fermo (la propulsione delle gambe è ormai solo un lontano ricordo), il rilascio è verso il ferro. Letteralmente: polso e gomito “puntano” il ferro (restando bassi rispetto alla testa), con la particolarità che il gomito è ancora piegato dopo il rilascio (?!).
L’aspetto più folkloristico del tiro di Howard è il rapporto tra la spalla e il gomito: quest’ultimo non va mai oltre l’altezza della spalla, come mostrano il terzo e, soprattutto il quarto fotogramma (tra i due, non c’è una fase in cui il gomito sale, resta sempre a quella altezza). La conseguenza è che il tiro (senza spinta delle gambe e con il gomito basso) diventa una frustata verso il ferro… significativa la posizione del braccio d’appoggio: dopo il “lancio della sfera”, la mano sinistra resta talvolta più in alto della destra. Tirando in questo modo, il 59% è quasi un’impresa da cecchini…
Per la cronaca, questo è invece il tiro con cui il suo “tutor”, Pat Ewing, ha realizzato 5392 liberi su 7289 tentativi (playoff esclusi), 74% netto.
La routine (se non erro) è costituita da un paio di palleggi di cui l’ultimo termina con la palla che gira un po’ a mezz’aria prima di essere raccolta. Anche qui piede destro più avanti del sinistro, sollevamento della sfera piegando ginocchia e gomiti, palla leggermente oltre la fronte, allungamento verso l’alto alzandosi vistosamente in punta di piedi, spostando le spalle leggermente indietro (mentre la palla “sosta” sulla testa, v. fotogramma 3) e rilascio in perfetta verticale (gambe, busto e braccio “in asse”) con polso piegato di 90 gradi; la mano di appoggio resta bassa, poco più in alto della testa (a differenza di Bynum, in cui le due mani, scoccato il tiro, restano circa alla stessa altezza). Diciamocelo, forse è un tiro non esteticamente perfetto (ma quale lo è? L’importante è metterla dentro, no?), ma quel 74% è una buona protezione da eventuali critiche dei perfezionisti. Tra l’altro, un tipo simile di meccanica è attualmente usata anche da Haslem, che la esegue con un altrettanto rassicurante 76%.
Ripensando alla meccanica di tiro di Dwight, dopo aver visto quella di Pat, è difficile pensare che i due si siano mai incontrati in palestra, eppure…
A questo punto, per par condicio è doveroso far vedere anche come tirava l’ormai ex mentore losangelino del giovane Andrew; roba vintage, ma ecco cosa troviamo negli annali:
La routine del sommo Kareem era (per quello che ho notato): tre palleggi con gambe leggermente piegate, poi tendeva le gambe e le ripiegava iniziando la spinta che, con coordinazione omogenea, faceva partire il tiro. La palla non supera la soglia della fronte quando viene caricata sopra la testa, ma, a differenza di Ewing, la spinta tende ad inclinare il corpo un po’ in avanti (accenno di tiro “da gobbo”, come Andre Miller per intenderci) ed il braccio destro, dopo il morbido rilascio, è leggermente in avanti, il polso piegato ed il braccio d’appoggio parallelo al destro, con i due polsi quasi alla stessa altezza.
Effettivamente, qualche somiglianza con il tiro di Bynum c’è (soprattutto nel movimento della parte superiore), o meglio, rispettando la cronologia e la gerarchia: viceversa.
Diamo un’occhiata: