[Agosto 2009]
Celtics vs Bulls Game 4 (2-1)
119-115 Bulls a 26.6 secondi della fine del secondo overtime; rimessa laterale Celtics che impone a Boston di accorciare le distanze, mentre Chicago mira soprattutto a tutelare un vantaggio di quattro punti che, tenendo Boston a più di un possesso di distacco, faciliterebbe la gestione delle azioni finali. Non per nulla, Rivers ha in campo “il quintetto con le mani buone” (niente Perkins o Moore o T. Allen per intenderci) che mette alla prova la copertura difensiva dei Bulls…
In campo
Boston: 1-Rondo, 2-House, 3-Allen, 4-Pierce, 5-Davis.
Chicago: 1-Rose, 2-Gordon, 3-Hinrich, 4-Salmons, 5-Noah.
Il taglio di House serve per muovere le acque nello stagno di Chicago e per occupare una posizione, l’angolo del lato forte, che ha un buon valore strategico, sia per tenere aperta la difesa, sia per eventuali successivi scarichi. L’allargamento delle maglie difensive è poi completato dal taglio verticale di Pierce che, passando nella strettoia Davis-Allen, si allontana verso metà campo. Abbiamo già visto come queste due posizioni, l’angolo e la punta, siano le più sfruttate dalle rimesse proprio perché costringono i difensori a distanziarsi sul lato forte; lo spot della ricezione si è rivelato invece tra i meno ortodossi (e tra i più rischiosi in una gara punto a punto).
Dall’incrocio sulla lunetta, Allen guizza lontano sul perimetro del lato debole e riceve un (ottimo) passaggio lungo; va in scena così l’ennesimo faccia-a-faccia Allen vs Noah (sempre sveglissimo) e stavolta Ray non traumatizza ulteriormente Joakim, sbagliando il tiro; tuttavia proprio l’assenza di Noah sotto le plance, esalta l’animo di rimbalzista insito in “big baby” Davis.
Quando la palla raggiunge il ferro ci sono nove giocatori sotto la linea del tiro libero, tutti tranne uno: il più pigro o quello più inspirato dal folletto irlandese col gilèt a trifogli (nonostante la trasferta)?
Il tap out di Glen, potenziale apertura (involontaria) per il contropiede dei Bulls, rimbalza infatti sul parquet e si indirizza docile verso le mani di Pierce che, dopo aver fatto “saltare in aria” (cestisticamente) Salmons con una finta, palleggia(?!) e mette la tripla del meno 1, lasciando 19.2 sul cronometro.
Per ironia del destino, il non andare a rimbalzo di Pierce, restando a nove metri dal ferro per fare da “safety difensiva” ad eventuali contropiedi di Chicago, è risultato provvidenziale, procurandogli un buon tiro. Questa rimessa dimostra dunque come, in una situazione del genere, in cui un canestro della difesa su fast break in campo aperto chiuderebbe la partita quasi definitivamente (+6), avere un giocatore, che (dopo esser stato un’opzione) si diriga verso il centro del campo, non solo tutela la copertura difensiva, ma può tornare utile anche in caso di rimbalzi lunghi o tap out, soprattutto se ci mette lo zampino la buona sorte.
Bulls vs Celtics Game 5 (2-2)
106-104 Boston, 3.4 mancanti sul cronometro del primo supplementare, rimessa Bulls dal lato destro. Imperativo di Chicago: riuscire a prendere un buon tiro o almeno subire fallo per mandare in lunetta le affidabili mani di uno dei cinque Bulls. Imperativo di Boston: chiudere le linee di ricezione per costringere un passaggio forzato, una ricezione problematica ed un tiro disperato.
In campo
Boston: 1-Marbury, 2-Rondo, 3-T.Allen, 4-Pierce, 5-Perkins.
Chicago: 1-Rose, 2-Gordon, 3-Hinrich, 4- Salmons, 5-Miller.
Chiaramente non è questa la sede per discutere sull’entità del fallo subito da Miller, ma tutto ciò che lo precede è di sicuro interesse tattico. Abbiamo già visto, con Howard in gara 3 tra Orlando e Phila (7.4 secondi al termine), come il centro, dopo aver bloccato, possa restare libero a causa della premura del proprio difensore nell’aiutare fuori sul clutch shooter di turno; qui è successo qualcosa di molto simile, con Brad Miller che resta incredibilmente isolato, non nel pitturato come Howard, ma comunque ad un terzo tempo di distanza dal sottomano del pareggio. Anche stavolta, solamente l’aiuto tardivo di un piccolo (Rondo) riuscirà, con un fallo, a scongiurare i 2 punti facili (nell’altro caso fu “David” Green ad arpionare “Golia” Dwight).
Alla base della disfunzione difensiva c’è (come sempre?) un buon blocco. Vista la situazione, Perkins deve trascurare Miller dando ormai per scontato che dovrà prendere Gordon in uscita dal suddetto blocco, ma Rondo non dà affatto per scontato che Perkins riuscirà anche a “tenere” Ben per i 3 secondi residui, tempo più che sufficiente a Ben per battere Kendrick in palleggio e segnare da sotto. Così mentre Gordon adesca 2 difensori sul lato forte, Miller resta solo in punta per una ricezione ai limiti dell’inverosimile, considerata la capitale importanza del possesso.
La morale della favola ormai ci è familiare: se il lungo, dopo aver bloccato per l’uscita della minaccia principale, si gira e fronteggia la rimessa, la sua pericolosità risulterà tanto maggiore quanto più è stato efficiente il suo blocco; se il blocco è stato ben portato (e ben sfruttato), si troverà o in mismatch rispetto a un difensore più basso (qualora ci sia un cambio di marcatura), oppure, nell’ipotesi più rosea, totalmente libero come è capitato a Dwight e a Brad.
La bravura dei coach, sta chiaramente nel cercare di far conciliare la dinamica complessiva dello schema con il blocco del centro in uno spot da cui può essere rapidamente pericoloso: non a caso, Howard ha bloccato ai confini del pitturato, Miller a sei metri dal canestro (da lì avrebbe anche potuto tirare sopra a Rondo). Una ulteriore variante è quella che ci ha mostrato Marshall (sempre nella già commentata Gara 3 Orl vs Phi): bloccare e poi allargarsi sul perimetro, qualora il bloccante sappia anche metterla da tre.
Da notare come non sia arrivato nessun tipo di aiuto dal lato debole: non molto Pierce, quanto Tony Allen, erano talmente impegnati a pressare il proprio uomo, da non avvedersi in tempo che nel bel mezzo del campo c’era un bianco di quasi sette piedi che meritava un po’ di copertura. È uno dei rischi del pressare sulla rimessa con pochi secondi: sai già dov’è la palla per cui ti impegni solo nel francabollarti al tuo uomo, fidandoti dei tuoi compagni per la chiamata di eventuali blocchi; ma il tuo uomo può diventare anche il tuo burattinaio: ti allontana da dove serviresti…
È quello che ha fatto il rookie con Allen: Tony non guardava minimamente il campo, ma aveva occhi solo per Rose, così Derrick, allargandosi, lo ha anche portato via da Miller, senza che Tony s’accorgesse che era il caso di lasciare il giovane a nove metri dal ferro per aiutare sul veterano a sei metri (e a due passi dietro la sua schiena). Allen si girerà verso la palla in tempo solo per vedere Rondo e Perkins che abbassano la saracinesca sul malcapitato Brad.
Pierce aveva invece una scelta più amletica: lasciare Salmons in angolo per subire un 2 vs 1, con Miller capacissimo di penetrare e scaricare in angolo, o restare su Salmons e sperare nello sprint di recupero di Rondo e Perkins? Difficile dire quale abbia poi scelto… di fatto, è arrivato in aiuto su Miller in ritardo (assieme agli altri due celtici) lasciando comunque Salmons libero alle sue spalle; ma si sa che Pierce non è tanto efficace in difesa quanto lo è in attacco.
Video della rimessa e dei seguenti tiri liberi (ignorare il commento in sovraschermo)
Celtics vs Bulls Game 6 (3-2)
118-115 Chicago, rimessa Celtics lato sinistro con 12.2 alla fine del secondo overtime, palla che può riaprire la partita di Boston o rimandare la resa dei conti a gara 7.
Vietato rischiare per gli uomini del Doc…
In campo
Boston: 1-Rondo, 2-House, 3-Allen, 4-Pierce, 5-Davis.
Chicago: 1-Rose, 2-Hunter, 3-Hinrich, 4-Salmons, 5-Noah.
Dopo due rimesse con ricezione del tipo “don’t try this at home”, ecco qualcosa di più “manualistico”, ma non meno interessante. La difesa Bulls ci mostra infatti come un cambio di marcatura tra ruoli affini consenta una buona continuità di copertura sulla palla, poi il prodigio di Ray Allen dimostra invece come non sempre una buona copertura difensiva risulti sufficiente allo scopo.
Dopo aver rimesso, Rondo slitta in angolo, per evitare che il suo difensore infastidisca Allen, più che per aumentare la propria pericolosità. Pierce invece sale a bloccare sodo su Salmons e lo sigilla poi dietro di sé (pick n’ seal), ma non sembra molto convinto della propria (buona) posizione per ricevere, e si limita a guardare Allen mentre arresta e tira su Hinrich.
Ben più coinvolto sembra invece “big baby”… forse non ho ben capito il gesto, ma pare che Glen Davis stesse chiamando la palla sul perimetro(?), quindi decisamente fuori dalla sua giurisdizione di tiro, mentre Allen sfruttava il blocco di Pierce.
Da notare che l’incrocio dei due bloccanti in post alto, con uscita profonda della guardia sul lato debole, sia molto simile a quella di Gara 4 (prima rimessa di questa puntata) in cui Allen ha ricevuto il pallone vicino alla linea laterale opposta alla rimessa; anche in questo caso infatti, i due “classici” tagli in punta ed in angolo hanno aperto la difesa. Stavolta l’incrocio sulla lunetta non ha colto però di sorpresa quella vecchia volpe di Hunter che non ha concesso ad House lo spazio per la ricezione. Anche perché, volendo interpretare il linguaggio del corpo dei celtici in campo, l’opzione principale non era né Eddie né Pierce, ma Ray: azione semplice ed efficace, disegnata per un puro gioco a due Pierce-Allen, che lascia comunque 7.6 sul cronometro per una replica Bulls, ma il punteggio in preziosa parità.
Restiamo a Gara 6 per fare un salto al terzo overtime: 126-125 Chicago, 26.6 sul cronometro e rimessa Bulls per rimpinguare l’esiguo vantaggio. Ormai sappiamo bene quanto sia cruciale la comunicazione nei cambi difensivi sui blocchi, e abbiamo anche visto cosa succede quando accadono malintesi; appunto…
In campo
Boston: 1-Hunter, 2-Rose, 3-Hinrich, 4-Salmons, 5-Miller.
Chicago: 1-Marbury, 2-Rondo, 3-R.Allen, 4- T. Allen, 5-Scalabrine.
Disposizione iniziale insolita, vero? E mentre in punta c’è un piccolo rodeo, resta isolato un attaccante a 2 metri dal canestro… che dire? Where amazing happens.
Idea geniale della trinità Hinrich/Del Negro/Harris? Marbury non doveva cambiare o T.Allen doveva cambiare? Almeno una delle tre ipotesi deve avere senso (e per sapere quella giusta, bisognerebbe fare uno squillo a Doc Rivers…).
Brad Miller è piantato sulla sua lunetta (difensiva) come ricezione d’emergenza, magari prendendo la rincorsa così da piombare in attacco staccando Scalabrine (non esattamente una sfida tra levrieri) o è solamente pronto per difendere su un eventuale contropiede da palla persa? Considerando che il vantaggio dei Bulls è di un solo punto, il tocco sulla palla di Brad (sia tiro che passaggio) avrebbe fatto comodo nella metà campo offensiva per consolidare il vantaggio, ma ordini di scuderia (credo) lo hanno tenuto al largo e non certo per allontanare un difensore temibile dal pitturato (senza offesa per il rosso in divisa verde). Ciò nonostante, la rimessa Bulls è andata a buon fine con insolita facilità; ovviamente per “buon fine” qui si intende la messa in atto di una buona soluzione (la palla nella retina è poi un altro discorso e non riguarda l’esecuzione in sé).
Da notare come, anche stavolta, il bloccante si sia rivelato pericoloso con un pick n’ roll lontano dalla palla (molti similmente a quanto accaduto nella pluricitata rimessa di Howard in gara 3 vs Phila). Credo comunque che anche questa inbound sia di quelle da tenere per le occasioni speciali, sempre sperando che la difesa ci caschi… comunque, ci insegna come sia sempre bene avere più opzioni: anche quella meno probabile, tipo la guardia che riceve in solitaria a due metri dal ferro, può risultare decisiva (che poi Hinrich abbia sbagliato l’appoggio, sul prodigioso recupero di Rondo, conferma solamente come il folletto irlandese dei Celtics fosse al momento seduto proprio sul ferro… eh si, in occasione dei playoff ha seguito i suoi protetti anche fuori casa e c’ha messo lo zampino…).
Sintesi delle fasi finali della gara
Bulls vs Celtics Game 7 (3-3)
102-97 Boston, 42.3 al termine di una quanto mai meritata gara 7, rimessa dal fondo per i Celtics che, dopo aver incassato una (rara) bimane di Miller, potrebbero sigillare la partita e la serie; i Bulls ne sono consapevoli e pressano la rimessa, per cercare un recupero e un tiro che riaprirebbe le chances di un lieto fine.
Non viene chiamato time out da Boston così, dopo i due punti scuoti-ferro di Miller, la priorità Bulls è solamente difendere anche sulle ombre. Ma come dimostrato proprio poco prima dalla difesa Celtics, troppa pressione sulla palla e poca attenzione agli switch sui blocchi è un’equazione che dà spesso come risultato “tiro facile”, soprattutto se la pressione è a tutto campo. Se inoltre consideriamo i componenti del quintetto di Boston, in cui Pierce è il più alto(!), è prevedibile che i match up daranno adito a qualche sorpresa; infatti…
In campo
Boston: 1-Rondo, 2-Marbury, 3-House, 4-R.Allen, 5-Pierce.
Chicago: 1-Rose, 2-Salmons, 3-Hinrich, 4-Gordon, 5-Miller.
Anche questa ricezione è tra genialità e sregolatezza: non so quale probabilità d’efficacia possa avere in generale (e con quintetti meno sperimentali), ma in questo preciso contesto alla “do or die” (“o la va o la spacca” diremmo noi italici) ai Celtics è valsa una serie playoff, quindi non va certo sottovalutata.
Marbury blocca Miller (si, 64 libbre, 29 kg di differenza) che dopo il canestro ha preso difensivamente Allen e non Pierce, più per motivi di immediata vicinanza che per sopravvalutazione dei propri mezzi. Allen può quindi travestirsi da wide receiver Nfl e House da quarterback: passaggio lungo e touch down farcito da libero supplementare. Game over.
Salmons, per atletismo, avrebbe potuto riprendere Allen anche in retromarcia, se avesse cambiato sul blocco, evitando così l’imbarazzante situazione in cui il centro (annata ’76) deve rincorrere in campo aperto la guardia (ok, annata ’75, ma pur sempre guardia).
Tuttavia, il cambio avrebbe comportato comunque un mismatch da Wwf: Miller vs Marbury… un centro caucasico su un play newyorkese… a tutto campo… please, non scherziamo.
Qual’è la chiave di questo rebus? Il fatto che su Allen ci fosse Miller sin dal blocco. Forse era scacco matto già da questo accoppiamento improvvisato, ma i biancoverdi sono comunque stati cinicamente efficaci e rapidi a sfruttarlo; merito soprattutto di House che, dopo aver ricevuto palla, ha subito alzato la testa, senza palleggi superflui, e lanciato prontamente il passaggio.
Da notare come, quasi paradossalmente, l’assenza di un time out celtico abbia danneggiato i Bulls, che in caso di sospensione avrebbero, si, dovuto affrontare un attacco organizzato, ma avrebbero avuto anche il tempo per decidere meglio gli abbinamenti difensivi. La mancanza della tregua post-canestro ha invece evidenziato la problematicità dei match up tra i due quintetti.
Curiosità: a ben vedere, Ray Allen, nella galoppata per la vittoria, non sfoggia un controllo di palla esattamente da guardia… la sfera gli sfugge dal palleggio(!), rimbalza sul petto(!!), in faccia(!!!), rischiando di mettere in scena la gaffe (o blooper) del secolo, ma viene poi riaddomesticata da Ray giusto in tempo per la conclusione (e poi dicono che il trifoglio sulla maglia non funziona…).
Scenetta che fa riconsiderare Noah come ball-handler, ripensando alla celebre cavalcata di Gara 6 (circa 40 secondi alla fine del terzo OT), quando Joakim intercettò un passaggio in area, partì in palleggio, staccò Pierce in velocità (Allen invece s’è fatto raggiungere da Miller) e schiacciò subendo anche fallo; il tutto con nonchalance degna di un giovane Marcus Camby.
Complimenti inevitabili a due squadre che hanno dato vita ad una serie che è già storia; qui ci siamo limitati alle rimesse, ma di highlights da narrare, da entrambe le parti, ce ne sarebbero…
Video della rimessa e, per i perfezionisti, video dell’ultimo minuto
Nella prossima puntata lasceremo alle spalle il primo turno, andando ad Ovest, da Nuggets, Mavericks e Lakers.