Molti giocatori talentuosi, ma incapaci di un impatto persuasivo nell’annata da rookie, non hanno mai avuto la possibilità di avere a disposizione 15 partite consecutive da titolare a 38 minuti e mezzo di media… Kendall ha approfittato egregiamente dell’occasione, facendo registrare in quella recente striscia 11,9 punti con il 43% dal campo, il 44% da tre, 11,5 assist (a fronte di sole 3 perse di media), e 3,6 rimbalzi.

Firmato il 20 Dicembre con provenienza D-League, diventa titolare già il 3 Gennaio (causa infortuni): giusto il tempo di imparare il nome dei compagni, dare una sbirciata a (l’eventuale) playbook di D’Antoni e Kendall si ritrova ad essere la mente in campo dei Lakers. Il fatto che, nonostante l’inesperienza e la pressione, riesca ad esserlo da subito, fra l’altro con un rapporto assist/perse degno degli specialisti del passaggio, non lascia dubbi sulla sua maturità tattica e le sue doti di passatore.

Ciò che lascia perplessi è quanto ha fatto seguito a tale serie positiva:
– nella gara del 4 Febbraio, il quintetto Lakers aveva due playmaker: i rientranti Blake e Nash; Marshall esce dalla panca e si ferma a quota 21 minuti
– gara successiva: Nash si riposa, ma in quintetto ci sono ancora due playmaker, Blake e Farmar; Marshall sfiora i 25 minuti
– nel match seguente ancora doppio playmaker: Nash e Blake (Farmar nuovamente acciaccato); Marshall limitato a 20 minuti
– penultima gara: finalmente Marshall, partendo dalla panchina, arriva a ben 37 minuti (Blake 40); come mai Nash solo 20? Perché alla fine del terzo quarto esce per un’infiammazione ad una gamba…
– ultima partita: Nash e Blake si confermano il duo titolare, ma l’infiammazione di Nash torna a farsi sentire, limitandolo a 17 minuti e permettendo a Marshall di giocarne 32.

Considerando i soli 22 anni di Marshall ed i playoff probabilmente irraggiungibili dal basso del 14esimo posto con nemmeno il 35% di vittorie, investire sullo sviluppo esperienziale del giovane playmaker (piuttosto che lasciare spazio al “canto del cigno” di Nash o concedere a Blake i career high) potrebbe pagare i suoi dividendi, anche in ottica di possibili mosse di mercato.
Da notare comunque che di giocatori al secondo anno che potessero vantare almeno il 40% di Ast% senza essere troppo accentratori in attacco, non ce ne sono stati tanti

Ad oggi, lui e Rubio sono gli unici portabandiera della rarefatta stirpe di playmaker che bilanciano i tiri dal campo con altrettanti assist, dando la priorità allo scoring dei compagni rispetto al proprio bottino di punti.
Non a caso, alla boa delle 24 partite, giocate con 32 minuti di media, Marshall risulta:
primo per assist su 100 possessi personali (escludendo Prigioni che gioca solo 20 minuti di media),
secondo per media assist per gara (dopo Paul),
secondo per punti creati su assist al minuto (dopo il solito Paul)
terzo per rapporto assist/perse fra i playmaker;
31esimo per maggior durata media dei possessi (ovvero: ferma poco il pallone, non indugia in palleggio e, come vedremo, sa far viaggiare la sfera nella direzione giusta).
Osserviamolo dunque in campo.

 

1) PICK N’ ROLL AD AMPIO RAGGIO

Nel pick n’ roll, la sua visione di gioco degna di una SportVu cam gli consente di scaricare sul compagno il cui difensore ha aiutato sul rollante, ovunque si sia appostato sul lato debole, con linee di passaggio che lambiscono il rollante e spiazzano la difesa.
Diamo un’occhiata ad alcuni esempi di questi “ribaltamenti”, spesso squisitamente ad una mano dal palleggio, seguite da altre situazioni classiche di gioco a due:

 

2) CONTROPIEDI DAL NULLA

Una peculiarità sorprendente è quanto sia bravo in situazioni di transizione a passare lungo leggendo la difesa, soprattutto la testa dei difensori, usando traiettorie alle spalle dei giocatori rientranti ed innescando con precisione i compagni giusti nel tempo giusto. Raro per un playamker così giovane non ritenere necessario scollinare la metà campo con la palla in mano, ma appena ricevuta la sfera, alzando la testa, cercare subito di far viaggiare il pallone (avvertenza: il filmato contiene pregevoli sequenze di passaggi in “one bounce mode”):

 

3) QUICK HITTER: BACKDOOR SUL FONDO

Una situazione ricorrente nella early offense dei Lakers è quella in cui Marshall va in palleggio sul lato sinistro, quasi puntando il compagno in angolo (solitamente Meeks) che poi cerca il taglio backdoor. Una idea semplice, ma che mette alla prova il difensore ed il suo senso della posizione: se dispone male i piedi o si distrae sul pallone, il taglio sulla linea di fondo imbeccato dal puntuale bounce pass, fulminea specialità di Marshall, regalerà due punti facili ai Lakers (considerando anche la difficoltà di aiutare dal lato debole su una soluzione rapida del genere).

 

4) PASSAGGI DI LETTURA

Ricorrendo al suo “radar mentale” ed alla sua tecnica, Marshall risulta un buon passatore anche in situazione di penetra-e-scarica o di lettura delle dinamiche offensive; eccolo giostrare il pallone in differenti contesti tattici:

Nel complesso, Marshall è un talentuoso adepto dall’arte del passaggio, già attualmente molto efficiente ed efficace, ma anche con possibilità di raffinare il proprio repertorio (magari migliorando l’utilizzo della mano destra); ha solo bisogno di ulteriore spazio e fiducia. Non sarà mai un realizzatore quantitativo, ma finché predica il suo basket mancino valorizzando i compagni, per diventare una pedina importante non avrà bisogno di ventelli personali alla voce punti.

 

BONUS TRACK: IL TIRO DA TRE

Circa il 44% dei sui tentativi sono da oltre l’arco, e di questi più del’88% è su assist, realizzandone complessivamente il 47,8%, ma non bisogna lasciarsi ingannare dai numeri: non è un tiratore puro. Il suo tiro è infatti un po’ lento nell’esecuzione ed il punto di rilascio è molto basso (quindi facilmente disturbabile) poiché, come vedremo, tira “con i piedi per terra”, ovvero senza sospensione, ma spingendo con gambe e braccia quasi in sincronia (insomma, come tiriamo da tre noi profani scadenti ai campetti…). Questa meccanica garantisce una buona potenza di spinta con poco sforzo e, se ben “educata”, consente di tirare con percentuali affidabili anche da ben oltre la linea, come ci dimostra il nostro Kendall:

 

1 Comment for this entry

  • Nicola says:

    Ho una domanda: un playmaker di 22 anni che ha questo “io” tattico non indifferente, come può essere passato inosservato?
    Sono consapevole che alcuni sistemi offensivi (vedi quelli di D’Antoni)riescono a far esprimere meglio dei giocatori rispetto ad altri contesti ( mi viene in mente il passaggio dai Mavericks ai Suns di Nash… c’è sempre lo zampino del baffo). Però ritengo scandaloso che chi fa scouting Nba non riesca a intuire il potenziale o le capacità di alcuni giocatori che vengono spediti in d-league con nonchalance, per poi scoprire essere dei buoni giocatori.
    P.s. Ok la bravura di Marshall nel bounce pass, ma se non hai un corridore come Meeks, (scusa il termine) ma sta cippa che ci riesci .

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