Chi può contenere Durant? Era una domanda senza risposta durante la stagione; nei playoffs è diventata una domanda-assist per i critici che possono rispondere “Westbrook” o “Brooks” (o sinteticamente “WestBrooks”), oppure per Tony Allen che può affermare “io, di sicuro, gli do molto fastidio”.
Restando seri, nelle prime sei gare, Durant ha fatto registrare 29,3 punti in quasi 47 minuti in campo, con il 41,2% dal campo, 25% da tre (8 tentativi a partita) e il 77,8% ai liberi, il tutto segnando su assist nel 54% dei casi (in stagione accadeva al 47%). Le media punti ci dice che il bicchiere è mezzo pieno, le percentuali che è mezzo vuoto; piuttosto diplomatica è invece la shotchart delle prime sei gare:
La scansione in dettaglio della percentuale al tiro si rivela invece quantomeno “avvallata” e imperscrutabile: 52% in Gara 1, 42,9% in Gara 2, 37% in Gara 3 ed un ignominioso 23,8% in Gara 4; in Gara 5 è poi risalito al 41,7% ed infine in Gara 6 è tornato autore di un consono 47,8%.
Al di là delle possibilità di giornatacce al tiro, è interessante cercare di decifrare cosa ha confabulato la difesa Grizzlies per fare i conti con il top scorer della lega. In Gara 5 sono emerse alcune “regole base”, già intraviste in Gara 4; diamo un’occhiata a questo filmato:
– Durant isolato in post up con la palla: raddoppio al primo palleggio
– Durant isolato frontalmente: strong side zone (il lungo resta staccato dietro al difensore primario, rivolto verso Durant, anche se non c’è il suo uomo da marcare)
– Durant blocca il palleggiatore: occupare preventivamente l’area
– Durant riceve un blocco mentre palleggia verso il lato: raddoppio forte (trap), per forzare il pallone fuori dalle sue mani
– Durant esce da un blocco: ignorare il bloccante e coprire la ricezione
Un ulteriore fattore chiave, anche per ammortizzare l’early offense dei Thunder è stato, sul cambio di possesso, la capacità di Gasol di sprintare tempestivamente in difesa preoccupandosi più di anticipare l’arrivo di Durant che quello, più tardivo, del suo uomo. Inoltre, a difesa schierata, Marc ha sempre tenuto gli occhi più su KD che su Perkins, il che rappresenta un’ottima polizza difensiva, soprattutto quando c’è in campo Tony Allen, decisamente meno ponderato di Prince (Tony è più famelico sulle linee di passaggio ma ciò, inevitabilmente, lo spinge talvolta a farsi trovare fuori posizione, facilitando la lunghe falcate di Kevin).
Da un lato, la “difesa duplice” di Gasol (un po’ sul suo uomo, un po’ in aiuto su Durant) è una bella vetrina per le buone rotazioni dei ragazzi di Joerger, che ha audacemente previsto aiuti ad un passaggio di distanza quasi sistematici; dall’altro tuttavia, una prima contromossa facilmente individuata dai Thunder, è stata cercare l’uomo di Gasol, ma questo richiede comunque una pazienza offensiva e una capacità di lettura che non sono il marchio di fabbrica delle point guard di OKC. Il risultato complessivo è che più Perkins è in campo e più i Thunder tendono a giocare per vie esterne, più la copertura di Gasol non comporta troppi effetti collaterali per la tenuta difensiva dei Grizzlies.
Passiamo ora al ritorno delle Durant Rules anche in spezzoni di Gara 6:
Un espediente per risolvere i tocchi limitati (e laboriosi) di Durant potrebbe essere impiegarlo da ball-handler primario ricevendo le aperture dei rimbalzi difensivi e le rimesse dopo canestro subito (come faceva spesso il James dei tempi dei Cavs), o comunque farlo servire prima di metà campo, in modo da sbilanciare subito la difesa sul suo lato, senza spingerlo a dover sgomitare troppo o abbassare i ritmi dell’offensiva Thunder per ottenere la ricezione, potendo inoltre tentare l’accelerazione a tutto campo verso la paint (in cui cercare tiri liberi propizi sfidando i non insormontabili lunghi Grizzlies).
Di sicuro, se i Thunder passeranno il turno, gli avversari avranno molto nastro da guardare per prendere spunto su come inficiare l’efficienza del papabile Mvp.