[Luglio 2009] Annata 2008-2009 conclusa, un’altra pagina di storia cestistica da custodire nell’archivio Nba. Ogni archivio che si rispetti ha sia lo scaffale polveroso con il materiale storico, sia la mensola disordinata con i testi di rapida consultazione, sia la bacheca con i documenti pregiati, sia lo scatolone con gli ultimi arrivi da sistemare, … e l’archivio Nba non fa eccezione.

Dando a ciascun fascicolo la sua adeguata collocazione, nell’archiviare questa stagione, vale forse la pena soffermarsi su alcuni “x files”… tranquilli, niente alieni o mondi paralleli, solo prestazioni che hanno alienato alcuni giocatori rispetto al livello dei loro colleghi, scomodando come unici termini di paragone autorità contenute nella bacheca di quelli che hanno già fatto la storia.

Forse sono solo numeri, forse indizi di record futuri, forse segnalibri su cui si ritornerà a Ottobre per dire “eravamo rimasti qui…”.

 

La storia degli x files nba, traguardi sorprendenti raggiunti da un individuo, è vecchia quanto la Nba stessa; sin dall’inizio ci sono state infatti alcune prestazioni, su scala annuale, inqualificabili (“x” appunto), tra il leggendario e lo sconcertante.

Tra gli x files più noti c’è l’avvento di Chamberlain in Nba: al suo primo anno (1959-1960) fu Rookie of the Year, primo All-Nba Team, Mvp, miglior realizzatore, miglior rimbalzista e Mvp all’All Star Game, non male come inizio… tutti poi ricordiamo la tripla doppia come media stagionale di Robertson (annata 1961-1962), stessa stagione firmata a 50 punti e 25 rimbalzi di media da Chamberlain, e giusto l’anno successivo Tiny Archibald fu sia miglior realizzatore (34 punti) che miglior passatore (11 assist); ben nota anche la stagione (1967-68) in cui un centro, il solito record-man Wilt, vinse la classifica degli assist (8,6 di media, ai tempi contava però il totale) e quella dei rimbalzi (24), che è come se Duncan avesse passato più di Paul e preso più rimbalzi di Howard… tuttavia, al di là dei paragoni per esplicitare l’impatto del singolo sul contesto dei suoi contemporanei, come si suol dire “erano pur sempre altri tempi”… anche se ciò, a rigor di logica, non significa che fossero “semplicemente” buone prestazioni: il fatto stesso che non si siano più ripetute, neanche “a quei tempi”, risultando veri e propri casi unici, la dice lunga.

 

Sincronizziamoci ora ai nostri giorni per scovare, frugando anche tra la pagine delle squadre meno in vista, quali sono gli x files che la regular season 2008-2009 consegna all’archivio Nba, mettendo già in conto che qualcuno ne sarà sfuggito e che non verranno raggiunti certamente i livelli di one-man-record di Chamberlain; va inoltre precisato che non si tratta di successi individuali da career high, quanto piuttosto di particolarità inusitate, di stranezze e rarità statistiche, al di là dei giudizi positivi o negativi che ne possano scaturire.

Da bravi archivisti vorremmo seguire l’ordine alfabetico, ma considerato il contesto, è più indicata una Top10 in stile Nba countdown:

 

 

10.

S. Blake

Steve ha a cuore il rendimento della propria squadra, gestisce il gioco cercando di produrre un buon attacco di gruppo, prima che individuale (già ciò lo rende un caso anomalo, di questi tempi): è infatti il terzo Blazers per minutaggio, ma undicesimo per finalizzazione dei possessi (tiro o palla persa che sia). Le cifre dicono che in più di 30 minuti ha realizzato 11 punti (con buone percentuali) e 5 assist, andando in lunetta solo 1,1 volte a partita; ricordiamo che solitamente i tiri liberi si concedono di due in due e non a caso al suo compagno di reparto, Sergio Rodriguez, per andar in lunetta una volta a partita, sono bastati solitamente 15 minuti (la metà di Steve)… ma Steve non è tipo che si butta dentro, preferendo gestire dalla “periferia” l’attacco dei Blazers, con risultati molto graditi, al coach e ai compagni (14 assist in un quarto non sono niente male come record…). Onore quindi all’altruismo di Steve, alla sua sapienza nello scegliere i tiri senza forzare e al suo lasciare che siano giocatori più tosti ed atletici a sfidare le insidie del pitturato, anche se qualcuno potrà confondere la sua assennatezza con pavidità (d’altronde come biasimarlo? Dopo che schiantandosi su un blocco di Evans s’è infortunato a una spalla, è normale che non ami i contatti…).

Caso precedente: solo Mookie Blaylock (2000-2001) ha annoverato cifre simili, cioè una trentina di minuti con almeno 10 punti e 5 assist a fronte di un solo libero tentato a partita.

 

 

9.

L. James

LeBron produce numeri e statistiche d’alto rango da quando ha messo piede in Nba; ma qui si è a caccia di chicche, di x files, quindi di ciò che talvolta sfugge al plauso dal grande pubblico, “ciò che non v’interessava  sapere, ma che vi diciamo comunque”… James è un difensore migliorato rispetto al suo passato recente, con cifre che parlano di più di 7 rimbalzi a partita, una stoppata, 1,7 recuperi e soprattutto, per quanto riguarda gli intangibles, va ricordato il suo inserimento nel primo All Defensive Team, deciso dagli allenatori, non dalla stampa (andrebbe anche ricordato che le ali del secondo erano Artest e Battier, ma niente polemica!). L’aspetto curioso è che, nonostante l’esuberanza atletica, nonostante il fisico ingombrante, nonostante stoppate e recuperi (diciamolo pure: nonostante una certa tendenza a cercare la palla), James commette solo 1,7 falli a partita in quasi 38 minuti. I maligni (quelli con la maglietta di Kobe anche come pigiama) potrebbero leggerci una difesa disimpegnata, svogliata, fatta solo di balzi pallavolistici e tuffi sulle linee di passaggio, ma non è certo questa la sede adatta per “fare le lastre” alla difesa di Lbj; sarà sufficiente notare en passant che i falli non possono essere un buon indice per l’impegno difensivo, altrimenti Shawn Marion non dovrebbe avere solo 1,9 falli in 36 minuti… Dati alla mano, James stoppa e recupera in quantità senza ricevere fischi (arbitrali), il che è una garanzia di intimidazione, efficienza difensiva (quantomeno numerica) e permanenza in campo non vincolata ai falli.

Caso precedente: in tutta la storia Nba, solo altri due giocatori hanno avuto almeno una stoppata, un recupero, e neanche due falli in più di 37 minuti di media: uno è Clarence Weatherspoon (1993-1994), l’altro è un fulgido esempio di atleta-attaccante, anche lui vincitore di una classifica marcatori, ladies e gentlemen: Tracy McGrady. Nel 2001-2002, T-Mac catturò 7,9 rimbalzi, fece una stoppata e 1,6 recuperi di media restando in campo più di 38 minuti; i falli? Solo 1,8 (e niente quintetti difensivi, per intenderci).

 

 

8.

J. Kidd

Gli anni passano e le squadre si avvicendano, ma se da un lato, a Dallas, Kidd si è scoperto tiratore da tre (4 tentativi a partita, il doppio di Dirk, con il 40%, career high), ciò che non è certo una scoperta è la sua dedizione al gioco di squadra… Kidd è stato infatti l’unico nella storia dell’Nba che nonostante abbia piazzato almeno 8 assist, catturato 6 rimbalzi e rubato 2 palloni a partita, non sia poi andato in doppia cifra con i punti (solo 9 di media). Nei 35 minuti che ha trascorso in campo, Kidd s’è accontentato di tirare da tre (52% dei suoi tentativi risultano scoccati da oltre l’arco) quando la difesa si scordava di lui o lo sfidava in quella che non era la sua specialità, dando perlopiù la priorità a cercare di valorizzare il cospicuo potenziale offensivo dei suoi compagni; scelta saggia che è indice sia del suo QI cestistico che della sua umiltà. Etimologicamente play-maker, inossidabilmente Kidd.

Caso precedente: nessuno. Con quelle statistiche, tutti gli altri erano riusciti ad andare in doppia cifra (Jordan, Magic, Lever, Ray Richardson), lo stesso Kidd per ben 6 volte c’è riuscito; stavolta non ha ritenuto necessario forzare l’attacco ed impiegare le energie negli altri settori (cervello da clonare…).

 

 

7.

B. Miller

Brad quest’anno si è diviso tra i Kings e i Bulls (43 e 27 gare rispettivamente), passando da titolare a centro di riserva; problemi d’adattamento dovuti al cambio di squadra, alla partenza dalla panchina o al nuovo sistema di gioco? Nient’affatto. In entrambi i contesti, Miller ha brillato come splendido point-center, restando sopra i 3 assist di media e sotto le 2 palle perse, giocando circa 30 minuti, contribuendo inoltre con 11 punti a buona percentuale (anche da tre, 41%). A 32 anni, con quelle mani e con quella visione di gioco, Brad può ancora essere una variante tattica che valorizza l’attacco della propria squadra e crea non pochi problemi di mismatch in difesa. Massimo rispetto per uno dei rari point-center.

Caso precedente: quale altro centro (o giocatore alto almeno 6-11) poteva raggiungere cifre simili (più di 3 assist, meno di 2 palle perse, una decina di punti, in massimo 30 minuti)? Solo il mitico Vlade Divac: per lui poco più di 30 minuti (30 e 15 secondi di media, ma guai a chi si appella ai 15 secondi!) con 1,97 palle perse, 3,7 assist, 11 punti.

 

 

6.

N. Young

Come suggerisce il cognome, il ragazzo è ancora giovane (23) e gioca in una squadra giovane; parte dalla panchina con il ruolo di sesto uomo d’impatto ed al secondo anno ha visto crescere minutaggio, responsabilità e attese sul suo conto; un po’ d’irruenza giovanile non può non far parte di questo scenario… difatti Nick, in più di venti minuti d’impiego, non prende un paio di rimbalzi, non fa un paio d’assist, non perde un paio di palloni né fa un paio di falli… riesce invece a tentare un paio di triple (34%) e un paio di liberi (85%). Il quadro è chiaro: Nick attacca, scende in campo e tira; il resto è marginale. La percentuale di possessi in cui Nick è l’ultimo a toccar palla, quand’è in campo, è 23% secondo in squadra solo a Jamison e Butler, entrambi con 26%. Con un utilizzo così elevato dei possessi e un minutaggio comunque superiore ai 22 minuti ci si aspetterebbe dell’altro, ma le uniche voci in cui Nick supera il “2” sono i liberi e le triple tentate (oltre ovviamente ai tiri dal campo); quando si dice mentalità offensiva…

Caso precedente: l’unico altro giocatore con un Usg% (utilizzo dei possessi) ed un minutaggio entrambi superiori a 20, che non sia riuscito a raggiungere “2” in nessuna voce statistica, escluse quelle del proprio tiro, è Hubert Davis, filiforme bocca da fuoco dei Knicks di Riley (annata 1994-1995).

P.S. A riprova di come Nick giochi in un contesto più rivolto all’attacco che alla difesa, il suo Defensive Rating (punti concessi per 100 possessi) è di 117,2, superiore a quello di squadra che è comunque 113,6 (solo i Kings hanno fatto peggio quest’anno, 114,7: minimo storico). Chi ha fatto di meglio (anzi, di peggio) rispetto a Nick? Nella storia, solo Mike Iuzzolino (proprio lui!) con 117,9 e con mezzi fisici ben più modesti…

 

 

5.

R. Wallace

Atipico per scelta di vita, per natura e per vocazione, Sheed ha messo a referto la sua annata più atipica proprio in una stagione che ha di atipico anche il basso livello raggiunto dai Pistons… A Sheed sono bastati meno di 33 minuti per avere una media di almeno 7 rimbalzi, una stoppata, un assist e un tiro da tre realizzato: solitamente, se in una trentina di minuti si contano già 7 rimbalzi e una stoppata si è in presenza di una buona ala/centro, ma se ci sono anche un assist e una tripla, allora l’ala/centro in questione è davvero eclettica (Doc Rivers già sorride…).

Caso precedente: oltre a Rasheed annata 2006-2007, solo Raef LaFrentz (cha ha di anomalo persino il nome) ha registrato nel 2001-2002 una stagione con suddette cifre.

 

 

4.

C. Andersen

Birdman non passa mai inosservato, tuttavia il suo essere un x files non sta nel suo estroso senso estetico (bèh, almeno non in questo contesto…); in campo richiama a sé le telecamere e sollazza la folla elargendo highlight, una pittoresca creatura di adrenalina che attende solo la chiamata di Karl per poter prendere il volo… quest’anno, con un minutaggio modesto (circa 20 minuti a partita), ha fatto registrare un 2×4, un valore di almeno 2 in 4 voci statistiche, esattamente in quelle che meglio descrivono l’impatto atletico di un giocatore: rimbalzi offensivi, stoppate, tiri liberi procuratisi e (ahimè) falli (capite che “2”, in queste quattro voci, non significa certo “poco”…). Con un minutaggio così parco non è facile avere un effetto immediato e collezionare sempre cifre del genere, ma il tabellino di Chris parla chiaro: finché la sua cresta solca il campo, il livello energetico resta elevatissimo…

Caso precedente: per ironia del destino, l’unico a vantare cifre simili con un minutaggio di soli 20 minuti è la perfetta nemesi di Birdman: Greg Ostertag (1997-1998 e 1999-2000). Alto 7-2 e pesante circa 130 chili, atletismo non certo straripante, nessun tatuaggio, presenza scenica da comparsa in secondo piano (tra l’altro in una squadra sobria di suo come quella dei Jazz) e pettinatura ai limiti del marines appena arruolato.

 

 

3.

K. Durant

Kevin quest’anno ha realizzato 25,3 punti a partita, con il 47,6% dal campo, 42,2% da tre e 86,3% ai liberi; un mix di quantità ed efficienza offensiva come non si vedeva da molto tempo, esattamente dal 1996-1997 quando Glen Rice sfoggiò numeri simili; prima di lui solamente Bird (due volte) e Vandeweghe poterono vantare cifre a quel livello. Il punto è questi signori raggiunsero tale efficacia a 28/29 anni d’età, Bird al suo sesto anno, Kiki al settimo e Rice all’ottavo; Durant invece ha vent’anni ed è solamente al secondo anno… e non ci sono circostanze attenuanti: Durant gioca  solamente con altri due compagni in doppia cifra (Green 16 punti e Westbrook 15 punti) e per le difese è indubbiamente lui il “sorvegliato speciale”, quello da raddoppiare per far saltare l’intero attacco (anche sapendo che Kevin ha solo 2,8 assist e ben 3 palle perse di media…). Ciò che desta più stupore è il salto di qualità rispetto all’anno da rookie, dove Durant si era dimostrato un “volume shooter” realizzatore che richiede tiri in grossa quantità: tirava infatti più volte al minuto, ma con il 43% dal campo e il 29% da 3. Qualunque cosa abbia fatto l’estate scorsa, ha funzionato alla grande, e può già vantarsi di essere uno degli attaccanti più efficienti della lega, a seguito di un miglioramento che ha i tratti sorprendenti degni di un x files

Caso precedente: ultimo in ordine di tempo, il già citato Glen Rice.

 

 

2.

C. Paul

Cos’è Ast%? È una stima (in percentuale) dei canestri di squadra realizzati su assist di un giocatore, quando questi è in campo. Una percentuale del 50% significa che il giocatore in questione, con i suoi un assist, ha co-firmato la metà dei canestri di coloro che hanno condiviso il parquet con lui. Questa statistica approssima quindi la capacità di un giocatore di innescare i compagni e soprattutto, essendo in percentuale, può risultare utile per commisurare giocatori con minutaggi diversi che giocano in squadre con ritmi (cioè numero di possessi) differenti.

Paul quest’anno ha ottenuto un Ast% di 54,47% e un To% (stima delle palle perse su 100 possessi) di 13,5%: per il secondo anno di fila può dunque vantare un Ast% maggiore di 50% abbinato ad un To% minore di 15%, nessuno c’era mai riuscito neanche per una sola stagione… ciò significa che il ragazzo ha doti ai limiti del paranormale nel decidere quando e come passare, e che occhio-mente-braccio-mano agiscono quasi all’unisono.

Caso precedente: nella storia solo Stockton è riuscito a fare di meglio, in 3 occasioni (raggiungendo l’apice di Ast% di 57,48%, nel 1990-1991), ma con un To% intorno al 20% ed avendo certamente minori responsabilità realizzative.

 

 

1.

T. Murphy

Il cliché del lungo tiratore prevede che la sua gittata di tiro sia inversamente proporzionale ai rimbalzi catturati (v. Bargnani). Troy, in entrambi gli aspetti, risulta quantomeno inquietante: terzo nell’Nba per percentuale da 3 (45%!) con ben 5 tentativi a partita e al contempo secondo rimbalzista assoluto (11,8) e addirittura primo per percentuale di rimbalzi difensivi presi su quelli disponibili quando è in campo, 32% (per la cronaca, Howard è secondo con 29,5%). Gli annali ci dicono che questo 32% è la decima prestazione di sempre (!), realizzata nel nostro caso proprio dall’unico tiratore alto 6-11 in grado di toccare il 45% da 3 (segnando nondimeno più di due bombe a partita); abbinamento che non può non stupire… il gioco a due facce, difesa interna/attacco perimetrale (46% dei tentativi da oltre l’arco), rende infatti Troy l’unico giocatore nella storia a risultare nello stesso anno sia nel podio dei rimbalzi che del tiro da 3, voci statistiche irrelate come poche altre.

Caso precedente: quale altro giocatore ha fatto registrare prestazioni simili? Nell’84-85 un certo Larry Bird segnò da 3 con il 42% (secondo assoluto, ma 1,6 tentativi a partita) e catturò 10,4 rimbalzi (“solo” ottavo in classifica), giocando in media 5 minuti in più rispetto a Troy (39,5 a 34).

Murphy non è certo Lerry Legend, ma la sua annata 2008-2009 resta un vero e proprio x files

P.S. Troy è anche l’unico che in meno di 35 minuti abbia collezionato almeno 2 rimbalzi offensivi, 2 assist e 2 triple realizzate a partita, prestazione degna di una guardia tiratrice atletica (non esattamente l’identikit di Troy…); non per nulla, in precedenza c’era riuscito solo Carter, restando però sul parquet quasi 40 minuti a sera.

 

 

[L’ordine di questa Top10 è palesemente opinabile; nello stabilire la graduatoria si è cercato di tener presente sia la rarità della prestazione, sia la sua rilevanza ai fini del gioco e, indubbiamente, anche una certa simpatia personale… sono quindi ben accette segnalazioni di x files dimenticati ed opinioni su quelli qui presentati].

 

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