Arrivato secondo nella graduatoria per Most Improved Player la scorsa stagione, piazzandosi inoltre terzo per assist a partita con un ragguardevole 9 netto, Vasquez si è ormai affermato come uno dei playmaker più prodighi ed interessanti.
Nel campionato appena iniziato lo troviamo ai Kings, squadra ancora acerba ma talentuosa che ha deciso di riassemblare il reparto guardie privandosi di T. Evans ed accogliendo la point guard venezuelana, confermata in quintetto in queste prime gare (per quanto debba guardarsi le spalle dall’ascesa del giovane Thomas, che nelle prime quattro gare è stato in campo più di Greivis).
Nonostante l’altezza di quasi due metri, Vasquez è un playmaker puro, sia come impostazione di gioco che come mentalità; tuttavia, il discreto tocco al tiro gli consentirebbe di giocare anche sporadicamente come guardia tiratrice, sfruttando l’onestissimo gioco senza palla, ma pagando inevitabilmente dazio in fase difensiva. Quest’ultimo aspetto è il principale tallone d’Achille di Greivis, che non ha né la velocità di piedi, né la prestanza fisica, per contrastare molte delle guardie Nba, per quanto, grazie a grinta, hustle e rimbalzi (4,3 di media l’anno scorso), riesca a non essere totalmente deleterio.
Il punto di forza di Vasquez è invece il versante offensivo, in cui è estremamente efficace nello “scansionare” il campo e piazzare il passaggio giusto al momento giusto (con un superbo rapporto assist/passaggio-sbagliato di 5 a 1). La sua gamma di passaggi è infatti completa come poche, sia in transizione che a metà campo, sia in penetra-e-scarica che nella lettura dei tagli sulla linea di fondo, con occhio sempre attento ai possibili lob ma anche diligente nel gestire i tempi delle uscite dai blocchi, mai lezioso, non disdegna tuttavia qualche godibile no-look pass. Nonostante la scorsa stagione sia stata la prima da titolare fisso, ha mostrato una rassicurante padronanza nella gestione del gioco, comprensiva anche della capacità di improvvisare, più per i compagni che per sè.
Greivis è infatti un attaccante ponderato e poco avido di punti, che probabilmente non spezzerà mai le caviglie ad un difensore, ma lo batterà qualche volta con esitazione-ed-accelerazione, magari per poi concludere con il fidato floater a sorvolare l’aiuto del lungo. I due tiri liberi di media a partita (in quasi 35 minuti per gara) della stagione scorsa testimoniano come Vasquez non sia particolarmente avvezzo a sfidare le difese in penetrazione ed inoltre la sua incapacità di aggredire il ferro con la giusta verticalità o potenza, ne penalizza la percentuale nelle conclusioni ravvicinate: l’annata scorsa, nella paint ha realizzato con un umile 48% al tiro.
Topograficamente, presenta una certa tendenza a penetrare soprattutto a destra (lato della “mano forte”), mentre a sinistra ripiega eventualmente per il jumper, pur non essendo un abituale del mid-range game. Da considerare come il 42% delle sue giocate offensive (sfociate in tiro o palla persa) siano nate in situazioni di palleggiatore nel pick n’ roll, quindi comunque parte di un attacco con opzioni di passaggio (gli isolamenti hanno invece costituito solo il 12%).
È di fatto un realizzatore modesto ma estremamente autonomo nel procurarsi i punti: l’anno scorso, nei canestri da due, è stato assistito in neanche il 17% dei casi (mentre in quelli da tre circa il 75%). Vista l’altezza potrebbe forse investire un po’ sui mismatch in post basso (solo 3% di attacchi da post up), anche se, essendo un play puro, è un aspetto di contorno e che probabilmente non gli è congeniale, essendo finalizzato alla realizzazione in prima persona.
Diamogli ora un’occhiata in azione: