“Mostrami come usi i blocchi e ti dirò che allenatore sei”, diceva… forse nessuno, ma magari potremo dirlo noi, dopo questo episodio a spasso per alcuni degli ultimi minuti nell’Nba.
ORL@POR (7-1-13)
Uno dei cardini tattici di ogni mossa a sorpresa è la “misdirection”, dicono oltreoceano, “fuorviare”, spiazzare l’avversario con delle “esche” per aprirsi intanto degli spazi di manovra; ad esempio, diamo un’occhiata a questo attacco dei Magic:
Redick, imputato più plausibile per la tripla del pareggio, inizia l’azione sulla linea di fondo, come se dovesse poi sfruttare i blocchi e salire verso la palla per un catch n’ shoot. Pur non rinunciando ad un tentativo di smarcarlo (facendogli fare il “tornello” su Afflalo), l’azione principale, dal sommesso retrogusto Princeton, coinvolge principalmente il rimettitore, McRoberts, e Nelson che, dissimulatamente, sembra defilarsi in ala dopo la palla consegnata, per poi andare invece a riprenderla e giocare a nascondino con Lillard dietro al blocco (o almeno all’interferenza) di McRoberts.
A giudicare dal risultato, è stato quasi un bene che nessuno dei tre blocchi tentati da Vucevic abbia impensierito troppo la difesa…
Ecco la trama “in lavagna”:
LAL@SAS (9-1-13)
Stavolta vedremo in sequenza tre differenti soluzioni con blocco, tutte rigorosamente nel crunch time:
Prima situazione – l’importanza di eseguire movimenti semplici facendo la scelta giusta: Ginobili trova con perizia lo spot giusto per la ricezione in uscita blocco, ovvero l’ “angolo cieco” della difesa, esattamente sulla traiettoria che “lega” il difensore e il bloccante…
Seconda situazione – “don’t try this at home”, Nash calamita a sé due difensori e poi pesca con il passaggio schiacciato dietro la schiena il “lungo”, Jamison, che si è posizionato sul perimetro (chiedere a Frye quanti ne ha ricevuti così…).
Terza situazione – Nessuno è perfetto, e stavolta Manu si fa trovare impreparato; non c’è intesa fra lui e Parker, il francese “passa a memoria” e l’argentino non s’impegna a dare un angolo di passaggio, restando fuori dalla traiettoria prevista (ma l’azione merita decisamente di essere apprezzata nonostante l’esecuzione).
MIA@POR (10-1-13)
Altro caso in cui una buona architettura non viene premiata dagli “dei del basket”:
Entra in scena una costante dell’attacco Heat, che Allen aveva già padroneggiato con i Celtics di Rivers: il flare screen: blocco in allontanamento, con uscita sul lato debole, movimento sornione che può sorprendere più d’una difesa, se non attentamente sorvegliato; tuttavia, Stotts, che non per nulla di mestiere fa il coach, annichilisce le velleità di Allen, mettendogli dall’inizio in marcatura Aldridge, alto 6-11 ed abbastanza sgusciante per seguire Allen sul flare screen (che comunque, con quella “geometria”, non dava una linea di passaggio troppo invitante…).
Da non sottovalutare l’importanza dell’accenno al tiro di Bosh, che manda in aria il giovane Lillard, dando a Chalmers tutto il tempo necessario per tirare con calma; tiro ben congeniato, ma non conclusosi con l’euforia del game winner.
Probabilmente, sulla lavagna di Spoelstra è successo qualcosa di simile:
DEN@BOS (10-2-13)
Si parlava dei flare screen di Rivers?
Partendo dall’isolamento di Pierce, l’azione di rivela poi più corale del previsto: il flare screen per Green, mette alla prova le rotazioni dei Nuggets (così come il taglio intelligente di Lee) e quando Green, con una sorta di movimento Djordjevic, penetra, scarica e si piazza in angolo per la tripla, la difesa di Denver è ormai fatalmente collassata su KG.
Sagace Garnett a non accontentarsi del comodo jumper sopra il piccolo Lawson, e, considerando il -3 Celtics, servire su un piatto d’argento la tripla incontestata a Green per il pareggio (per inciso, Jeff ha il 44% nelle triple d’angolo…).