Dopo la sintesi statistica delle Finals, passiamo ora ad occuparci della squadra campione, dando un’occhiata alla sua impostazione d’attacco.
Il fattore offensivo che più è stato costante e rilevante nelle cinque gare, è stata la precisione da oltre l’arco per Miami: 42% in gara 1, 43% in gara 2, 31% in gara 3, 38% in gara 4 ed un epico 54% in gara 5 (pareggiando il record delle Finals per triple in una gara, 14). La coppia James/Wade ha dato il suo buon apporto perimetrale solo in gara 4 (3/7 in due), per il resto ci hanno pensato Chalmers e Battier (e Miller in gara 5).
Spingere al tiro da 3, o almeno concederlo deliberatamente, agli Heat è stata una scelta del coaching staff dei Thunder, non una variabile a sorpresa, né tantomeno una forzatura tattica di Miami. Usando molto spesso un quintetto “ortodosso” contro lo “small ball” degli Heat e decidendo di restare serrati nel pitturato per coprire sugli assalti di James e Wade, OKC ha consapevolmente deciso di mettere alla prova i tiratori perimetrali di Miami. Lo stesso Brooks ha ammesso che aveva bisogno di Ibaka nel pitturato a coprire su James, e che “poteva vivere” (come dicono in Usa) con le triple di Battier… Shane ha dimostrato quanto sia stata una scelta ardita, seppur comprensibile. Soprattutto alla luce del fatto che James è sia un pericolo pubblico in penetrazione, ma anche uno squisito e volitivo passatore: se c’è qualcuno libero appostato sul perimetro, riceverà sicuramente la palla (e già il 4/6 di Shane nella vittoria Thunder di Gara 1, sarebbe dovuto suonare come un triste presagio per OKC).
Spoelstra, vista l’assenza di contromosse plausibili dei Thunder, ha così cavalcato il fattore Battier per più di 37 minuti a partita, ottenendo: sgravi difensivi e di falli per Lebron su Durant, buone rotazioni di copertura (e fin qui non c’erano dubbi), ma anche 11 punti con il 61% dal campo. I Thunder, da manuale, avrebbero dovuto punire il “piccolo” Battier accoppiandolo con un lungo che ne avrebbe dovuto abusare in post basso… purtroppo per OKC, questo non è stato possibile per motivi di roster: sia Ibaka che Perkins, non hanno raggiunto nemmeno il 43% al tiro ed hanno segnato 8,4 punti in due. Il differenziale matematico fra i loro numeri e quelli di Battier, arride di gran lunga al francese, incoronandolo vero “x factor” delle Finals (ricordiamolo: 15/26 da tre).
Osserviamolo dunque in azione (da notare come alcune triple siano in early offense, con i lunghi impegnati a chiudere la via al ferro e Shane che diligentemente si apposta sul perimetro):
Altro vantaggio del quintetto piccolo: qualunque blocco per Durant poteva portare ad uno switch tollerabile per gli Heat: James, Battier, Wade, Bosh, Haslem potevano offrire la loro difesa a Durant senza pagare eccessivamente dazio; forse il solo Chalmers era un cliente “scherzabile” per Kevin, ma, d’altro canto, ricevere un blocco dal play significa anche che il difensore di turno (Shane o Lbj) può evitarlo o passarci senza essere troppo disturbato.
Dall’altro lato, invece, James che in copertura su uno dei due lunghi, considerando la sue capacità di marcare giocatori perimetrali, ha comportato che persino passare a Perkins sull’arco (potenziale valvola di scarico), zona in cui nessuno lo marcherebbe, era divento un passaggio da calibrare bene e possibile fonte di palla persa per i Thunder, poiché LeBron poteva braccare agevolmente il lungo di turno, senza compromettere l’equilibrio difensivo Heat., essendo in grado di fare la spoletta fra l’uomo e l’“aiuto” su altri Thunder.
Soprattutto Perkins è risultato un pesce fuor d’acqua nell’offensiva Thunder: le 6 palle perse a fronte di zero assist, non descrivono appieno la difficoltà di Kendrick nel trattare la palla. Così come il 43% al tiro (49% in stagione) e le 4 stoppate subite in 21 tiri, non tratteggiano l’irrilevanza offensiva di Perk, che avrebbe dovuto, in un mondo ideale, far pagare lo scotto al quintetto piccolo degli Heat.
Come si sarebbe potuto “punire” Battier, senza sperare che Ibaka o Perkins si travestissero da Olajuwon?
Battier è risultato sicuramente vulnerabile in un caso di pick n’ roll: se Bosh difende sul bloccante (Ibaka/Perkins) e James non può lasciare l’altro lungo ai bordi della paint, Shane non è il tipo di giocatore adatto a proteggere il ferro (sfondamenti esclusi: 3 in 5 partite) soprattutto se deve badare anche a Durant; questione di spaziature. Infatti, come vedremo, si tratta di un pick n’ roll che, se ben “settato” sulla parte giusta del campo (con un solo attaccante sul lato debole, posto sotto il prolungamento del tiro libero), avrebbe potuto creare molti ricorrenti problemi ad entrambe le difese:
In tutti i casi, l’uscita del “rollante” è stata a centro area, verso il lato debole, in cui l’unico difensore in aiuto doveva occuparsi di un tiratore largo (Haslem piazzato sulla “sua mattonella” o Durant, a cui vanno bene tutte le “mattonelle” del campo). Per cui si è trattato solo di “scegliere il veleno”: scarico del rollante per il tiratore (v. Ibaka per Durant), affondo al ferro del rollante (v Ibaka), oppure jumper dal gomito del rollante (v. Bosh).
Nell’ultimo caso, l’attaccante destinato allo scarico (Miller) è arrivato troppo in alto, per cui, pur avendo un batter d’occhio per tirare, si è esposto al recupero del difensore che, per di più, era una guardia (Harden), quindi rapida negli scivolamenti. La soluzione più funzionale è quindi quella con l’uomo in angolo (non in ala) marcato da un lungo (come dimostrato dalla coppia Haslem / Collison).
Purtroppo, si tratta di uno di quegli spunti tattici interessanti che sembra non siano stati sviluppati a dovere, in favore di isolamenti ed “attacchi selvaggi”. Un altro esempio? Il famelico doppio pick n’ roll (con stagger) che gli Heat hanno ben imparato a conoscere nelle scorse Finals, ma che in quelle contro i Thunder, ha fatto solo un’apparizione fugace:
Invece, un’impostazione fidata e ricorrente per l’attacco Heat è stata quella conosciuta come Horns: una formazione ad “A” (punta, doppio post alto e due in angolo) fra le più usate, anche da altre squadre Nba, tra quelle open post (ovvero con il post basso “libero”). Gli Heat l’hanno impiegata come innesco dell’attacco, affidandosi poi molto alla capacità di lettura dei giocatori, piuttosto che ad una serie accurata di movimenti e di interazioni.
Il movimento base è il seguente, da cui possono derivare molteplici varianti (in rosso e in blu):
Ed ecco cosa è successo in campo:
Nella prossima puntata, osserveremo ancora l’attacco degli Heat, con attenzione speciale al ruolo dell’Mvp delle Finals, sua maestà James.