[Agosto 2010]
Per Boston, oltre ai “big three”, l’anno prossimo scenderanno in campo anche i “three bigs”: tre big men, tre variabili tattiche nel cilindro di coach Rivers, tre stili differenti di interpretare il ruolo di centro.
L’infortunato Perkins dovrebbe rientrare solamente entro Marzo, giusto in tempo per fare un importante riscaldamento in vista della post-season, in cui i bianco-verdi daranno l’assalto al 18esimo titolo celtico; nel frattempo, i due O’Neals, Shaq e Jermaine, avranno a disposizione circa una 50ina di minuti a partita (“ereditando” i 27,5 di Perkins e i 22,5 di Rasheed Wallace).
Nella conferenza stampa di benvenuto a Shaq, Rivers ha spiegato i principali motivi che hanno spinto alla firma del “big shamrock”: colmare le lacune a rimbalzo, tornare ad avere un gioco offensivo dentro-fuori, sfruttare la capacità di Shaq nell’attirare falli per far raggiungere il bonus agli avversari e, in generale, disporre di stazza nel pitturato.
Sulla carta, un trittico così eterogeneo di lunghi non può che risultare accattivante, come potenzialità e come flessibilità; proviamo dunque a valutare più nel dettaglio il gioco dei tre centri a disposizione di coach Rivers.
ATTACCO
Tiro: se i minuti a disposizione sembrano sufficienti per i due O’Neals, i possessi offensivi potrebbero non esserlo: Perkins aveva una finalizzazione dei possessi (Usg%, percentuale di tiri e palle perse sui possessi di squadra nei minuti trascorsi in campo), del 17,6% e Sheed del 20,2%; Shaq viene da un 25,1% ai Cavs, mentre J.O. da un 22,9% agli Heat…
Entrambi gli O’Neals sanno infatti segnare in autonomia e danno maggiori garanzie realizzative rispetto a Perkins: non solo perché Kendrick si fa stoppare nel 12,5% dei tentativi, mentre J.O. nel 8,3% e Shaq nel 5,4%, ma soprattutto perché, se lontani dalla palla, non è consigliato marcare un O’Neal (scegliete voi quale) con troppa distrazione o addirittura abbandonarlo spensieratamente per aiutare sugli altri Celtics. Quando invece ricevono la sfera, si tratta di due giocatori che, a differenza di Perkins, impegnano individualmente il loro uomo (Shaq anche due alla volta…): Kendrick ha realizzato nel 67,8% dei casi su assist, Shaq solo nel 56,1% (nono tra i centri) e J.O. nel 54,1% (sesto tra i centri). Se Rivers voleva due lunghi in grado di riempire il boxscore senza richiedere troppe invenzioni tattiche, li ha trovati; ora si tratta di ridistribuire adeguatamente le responsabilità offensive.
Un elemento che invece accomuna i three bigs è l’efficacia con cui producono punti. Perkins insacca con il 60,3% (terzo assoluto) dal campo, Shaq con il 56,6%, J.O. con il 52,9%; ma per non farsi ingannare da cotanta precisione, vale la pena dare un’occhiata alle shot charts; prima i nuovi arrivati:
queste sono quelle di Perkins e, ad honorem, di Rasheed Wallace:
C’è palesemente qualcosa di nuovo a Boston: se tra Shaq e Perkins, la differenza è soprattutto quanto il primo sia degno di raddoppi (con tutto ciò che può scaturirne), mentre come raggio di tiro è invece solo una questione di poche mattonelle, tra J.O. e Sheed non può esserci accostamento. Jermaine è il prototipo del centro dell’era moderna: completo, ha sia movimenti spalle a canestro, sia il tocco dalla media; mentre Sheed era diventato principalmente un tiratore perimetrale, ricordandoci che è uno dei patriarchi dei lunghi atipici attualmente in aumento nella lega… se quindi, parlando esclusivamente di realizzazione, Shaq è un Perkins decisamente più temibile, Jermaine è un pezzo del puzzle che l’anno scorso a Boston non c’era, quindi un innesto potenzialmente rilevante (una sorta di Garnett abbastanza grosso da poter giocare centro).
L’ulteriore peculiarità di J.O. è che potrebbe giocare assieme a Perkins, assegnando uno dei due in marcatura sull’ala grande avversaria, a seconda delle sue caratteristiche (a meno che suddetta ala grande non sia un atleta capace di mettere palla a terra, tipo un Beasley o un Josh Smith). Il risultato sarebbe ottenere un minutaggio non eccessivo per Garnett, un impiego non troppo riduttivo per Jermaine e soprattutto avere un “piano B” quando far entrare Glen Davis sarebbe rischioso per motivi di centimetri (v. Lakers…). Insomma, capra e cavoli in salvo con Doc che può impostare adeguatamente il “risparmio energetico” della sua front-line. Già, perché Shaq è a quota 37 primavere, J.O. ha raggiunto le 70 partite giocate per la prima volta in 6 anni e KG ha vistosamente accusato i recenti infortuni; meglio non logorarli…
Per quanto riguarda la capacità di far raggiungere il bonus agli avversari, non dovrebbero esserci problemi: sia Shaq che Perkins hanno un rapporto fra tiri liberi/tiri dal campo intorno al 50%, rispettivamente 49% e 54% (vanno quindi in lunetta molto spesso in proporzione a quanto tirano), con conseguenti And1% (percentuali di “fallo e canestro valido” sui tiri totali), in cui sono rispettivamente quinto e nono tra i centri. J.O. tradisce invece una natura più “periferica”, attestandosi sul 30% nel rapporto liberi/tiri dal campo e risultando 24esimo centro per And1%; d’altronde, come detto sopra, i suoi pregi risulteranno altri.
Passaggio: Perkins è un passatore limitato, talvolta distratto… stando a Hoopdata, i suoi assist sono il 9% in rapporto ai possessi che finalizza mentre le palle perse il 18,5%; giostrandosi in altri sistemi di gioco (aspetto da non sottovalutare…) Shaq è al 10% assist/possessi e 14% di perse, mentre J.O. assist al 8,6% sui possessi, palle perse al 11,7% (“forbici” ben più strette rispetto a Kendrick). Per quanto riguarda invece l’Ast%, la percentuale di canestri che i compagni realizzano grazie ai loro assist: Perkins 6%, J.O. 8,4%, Shaq 11,3%.
Detto quindi in sintesi, con i due O’Neals, i Celtics hanno due centri in grado non solo di segnare in modo autonomo, ma anche di far circolare la palla; questo aspetto, sommato a quanto già sanno fare Rondo, Allen, Pierce e Garnett, fa ben sperare anche i tifosi dal palato più raffinato in campo di “team passing”. Chiaramente, sostituire un centro come Perkins con uno come J.O. ha sulla difesa un effetto simile a quello che avrebbe se Rondo tirasse di più e più efficacemente dalla media: meno possibilità di chiudersi sul tridente Allen-Pierce-Garnett e dover impostare una difesa più larga a vantaggio di tutti e cinque i Celtics…
Blocchi: tutti e tre (per quanto ho visto) sono efficaci bloccatori: chi per mole (Shaq), chi per dinamismo (Perkins), chi per un po’ di entrambe le cose (J.O.). I blocchi lontano dalla palla, quelli di cui vive Ray Allen, sono perciò assicurati al meglio per tutti i 48 minuti.
Parlando invece di blocchi sul palleggiatore, pick n’ roll/pick n’ pop: la presenza di J.O. dovrebbe infrangere quello che era monopolio di Garnett (e del compianto Wallace), aggiungendo ulteriori possibilità di diversificare un attacco già non facile da imbrigliare. Anche Shaq potrebbe talvolta tornare utile in situazione di pick n’ roll, soprattutto se giocato con un tiratore come Allen, che costringerebbe il difensore del lungo a collaborare attivamente per non concedere a Ray il letale piazzato con spazio (e poi, quando uno Shaq taglia in area può sempre accadere qualcosa di buono, per sé o per i compagni…).
Rimbalzi offensivi: lo specialista s’è dimostrato Glen Davis, con il 13,7% di rimbalzi presi su quelli disponibili nei minuti trascorsi in campo (Orb%), con Perkins comunque autore di un buon 9,1% (da considerare soprattutto che i Celtics erano nondimeno la quarta squadra più precisa dal campo, con il 48,3%).
Tuttavia, Boston è risultata terz’ultima in regular season per Orb%. Paradosso? No, semplicemente “Big Baby” ha giocato solo per circa 17 minuti di media in 54 gare e tutti gli altri Celtics (Perkins escluso, Garnett incluso) sono carenti in questo aspetto.
I nuovi acquisti non forniscono in questo aspetto fulgide garanzie: J.O. non è uno specialista, solo 7,4%, nonostante giocasse al fianco di Haslem e Beasley (non due mostri a rimbalzo offensivo) e gli Heat fossero 17esimi per percentuale dal campo; Shaq, affiancato dalla piovra riccioluta Varejao (e l’attenuante della buona percentuale dei Cavs dal campo, 48,5%, terzi assoluti), si è fermato comunque al 9,4%, buono ma non esaltante. Coach Doc dovrà sperare che le percentuali si impennino al punto da non rendere i rimbalzi offensivi un fattore cruciale, e non è da escludere che accada, data la maggior completezza dell’attacco.
Impatto offensivo: Shaq è sicuramente un’aggiunta importante, in quanto calamita raddoppi (e questa è una delle armi che mancava ai Celtics), gravando di falli i difensori; pensiamo ai grattacapi che potrebbero dare lui e Allen sullo stesso lato con Pierce defilato in post alto e Kg e Rondo pronti a guizzare dal lato debole… Jermaine è il più utile, avendo di gran lunga l’arsenale offensivo più versatile dei tre; Perkins, spartano e ordinato, già sa cosa fare e cosa non fare… gestendo con saggezza questi tre, Rivers può avere il ruolo di “5” tra i meglio coperti della lega.
DIFESA
Rimbalzi difensivi: qui ci sono già buone basi, KG e Perkins hanno rispettivamente il 24,8% (undicesimo nella lega) e 24,4% di Drb%, a cui si aggiungono gli innesti di J.O. che si porta dietro un 21,2% della scorsa stagione e Shaq con il suo 24% netto. Rimbalzi difensivi garantiti per tutta la partita.
Stoppate: considerando la Blk% (percentale di tiri altrui stoppati nei minuti in campo), Shaq e Jermaine sono pari a (notevole) quota 3,9%, Perkins raggiunge un ottimo 4,8% (ottavo assoluto). Addentrarsi nel pitturato dei bianco-verdi sarà perciò quanto mai rischioso, anche perché adesso ci saranno anche la mole di Shaq e i centimetri di Jermaine a duettare con Garnett…
Presenza ed intangibles: ognuno dei tre contribuisce alla causa difensiva con almeno un suo intangibles. Jermaine è risultato il terzo centro per sfondamenti incassati (solo Marc Gasol e Bogut meglio di lui, entrambi con più minuti in campo), il che è indice della premura con cui chiude le penetrazioni e della sua attenzione difensiva. Un intangibile che gioca a favore di Shaq è palesemente la “presenza ingombrante” con la quale può occupare il pitturato, la “stazza” di cui ha parlato Rivers in conferenza stampa. Certo, la sua scarsa dinamicità rende inattuabili le rapide rotazioni, aiuti e recuperi, con cui i Celtics hanno frustrato finora più d’un attacco, ma il suo ammasso di rocciose libbre può essere un deterrente ed un ostacolo per le penetrazioni oltre che buona garanzia di taglia-fuori a rimbalzo. L’ideale sarebbe forse combinare i due aspetti: rotazioni forti sul perimetro con Shaq che pattuglia saldamente solo il pitturato (esteso poco più della sua ombra…), ibridando una sorta di zona 2-3, ma non è facile da organizzare e lo specialista difensivo Thibodeau non è più a Boston (ha portato il suo orologio a distanza di sicurezza dalle mani da “mariuolo” di Garnett…). Perkins, come sempre, fornirà giocate di cuore, intensità e grinta, il tutto accompagnato da sopracciglia ricurve e gomiti di marmo.
Impatto difensivo: con Perkins, anche senza il neo-coach dei Bulls, la difesa celtica dovrebbe avere i meccanismi già ben rodati, mentre con J.O. potrebbe addirittura concretizzarsi un guadagno di efficacia, considerando il rapporto stazza/mobilità: se ben motivato (a questo ci pensa KG), Jermaine può essere un fattore difensivo, soprattutto in caso di front line massicce (v. Finals contro i Lakers), considerando anche che non dovrà spremersi per troppi minuti… Shaq? Trattandosi di un 7-1, con addosso (almeno) 350 libbre e 41166 minuti di Nba, che sia vittimizzabile sul pick n’ roll è il minimo (ma a ciò potrebbero giovare le pronte rotazioni difensive già vigenti a Boston); in compenso, presidierà l’area elargendo sportellate ed oscurando il cielo a chi tenterà una penetrazione.
Capitolo falli: Shaq 3,2 in circa 24 minuti, J.O. 3 in circa 28 minuti, Perkins 2,8 in circa 27 minuti; giocando in tre, anche considerando comparsate di J.O. in ala grande, non dovrebbero esserci problemi di copertura (e Howard è già avvisato…). Sarebbe comunque un bene se Kendrick smussasse la lingua (oltre che la mano dai 5 metri): a differenza degli O’Neals, Perkins ha infatti il vizio di collezionare tecnici, risultando secondo assoluto con 16, assieme ad Howard e dopo il califfo Sheed.
Per ironia del destino (che di cognome fa Stern) l’esordio è contro un altro terzetto, ben più atteso e “mediatico”, che verrà in visita (non di cortesia) a Boston il 26 Ottobre; si tratta di quella Miami zeppa di lunghi e semi-lunghi, ex squadra dei due O’Neals (in periodi differenti) ed eliminata al primo turno dei playoff dell’anno scorso dai futuri finalisti bianco-verdi… un inizio di stagione da copione d’autore.
APPENDICE – I TIRI LIBERI
Anche in questo aspetto i three bigs sanno come differenziarsi: Perkins 58,2% (tirandone 3,6 a partita); Shaq 49,3% (tirandone 4,3); J.O. 72% (tirandone 3,2). Ma la differenza non è solo numerica, bensì anche “estetica”… proviamo a dare un’occhiata partendo da Perkins:
Routine di Perkins: tre palleggi, (talvolta fa poi girare la palla sulla mano sinistra). Posizione della gambe molto aperte (per una buona stabilità ed equilibrio), gomito sinistro molto largo, palla totalmente sopra la testa, in posizione quasi “seduta” (gambe ancora piegate!), poi rilascio con spalle leggermente “appoggiate” indietro ed entrambe le braccia distese, la destra con il polso piegato. Spesso l’imperfetta coordinazione braccia/gambe rende il tiro poco calibrato come forza. Stile curioso, per come si carica “a molla” non si direbbe sia un 6-10…
Passiamo al migliore fra i tre, Jermaine:
Routine di Jermaine: 5 palleggi ben pompati, molleggiando sui i piedi (anche lui qualche volta fa poi girare la palla sulla mano sinistra). Inizia l’esecuzione con il pallone di fronte al petto, come per tirare, invece poi piega le gambe riabbassando la palla (“rincorsa” evidenziata dal secondo fotogramma), alza il pallone marcatamente sopra la testa spostando il gomito destro all’interno, quasi di fronte agli occhi (notare che l’angolo corpo/avambraccio nel terzo fotogramma è frutto anche della prospettiva), poi frusta con il braccio, alzando leggermente il tallone destro e terminando con i due polsi vicini. Atipico, ma efficace.
Infine, l’uomo che ha tentato 13436 liberi in carriera (terzo assoluto: insegue Chamberlain a 13489 e Karl Malone a quota 14913):
Routine: 3/4 palleggi lenti a testa bassa, poi… va in scena il grottesco. Le gambe sono appena piegate, la schiena lo è più vistosamente; la palla è di fronte al viso, tenuta quasi in punta di dita (ma la dimensione delle mani non si insegna…); poi, l’alza sulla fronte, spinge con il gomito e termina l’esecuzione con il polso che pare correttamente “spezzato”, in realtà non frusta ma “scatta” rigidamente, piegandosi con morbidezza quando la palla è ormai lontana…
Il braccio d’appoggio (il sinistro) resta sempre largo, si stacca presto durante il tiro (v. fotogramma 3), per poi finire talvolta di fronte al petto mentre il destro è ancora teso. Da notare come sposti il piede sinistro in avanti mentre spinge (please, non diciamo “tira”) la palla, facendo un passetto verso la linea… e spesso dopo il tiro “invade” il pitturato con il piede destro, come perdendo l’equilibrio a causa della spinta delle caviglie (dopo essersi trovato in punta di piedi).
La principale bizzarria è come il baricentro insegua la palla: mai visto un oggetto così piccolo trascinare via un corpo così grande… che abbia preso alla lettera l’espressione follow through?!
Entrambi gli O’Neals hanno l’impostazione con il piede destro un po’ più avanti, comune alla gran parte dei giocatori, Perkins invece pianta entrambi i piedi paralleli, quasi perpendicolari alla linea… vi ricorda qualcuno? Già, lo abbiamo scomodato per le shot charts ed è doveroso che sia lui a chiudere la quadratura dei lunghi: ecco quindi l’ultima sequenza dalla lunetta, stavolta “muta”, senza commento, perché alle parole ci ha già pensato lui, inimitabilmente, per quindici anni…