[Novembre 2009]

Ogni nuova stagione porta con sé l’effervescenza delle aspettative che ha alimentato in off-season: scambi, voci di corridoio e previsioni vengono attesi alla risolutiva prova del campo. Anche quest’anno la regular season è iniziata senza deludere, presentando già argomenti accattivanti, sempre accompagnati dalla doverosa postilla “ma siamo solo ad inizio stagione…”.

 

Così, abbiamo già potuto ammirare Dwight Howard che ci spiega la definizione di stoppata intelligente, cioè quella che non spedisce la palla fuori dall’orbita terrestre solo per regalare una rimessa agli avversari, ma che annulla un tiro garantendo anche il possesso palla alla propria squadra; inoltre, LeBron sembra aver imparato bene il passaggio schiacciato dal post  in stile Webber (che a sua volta lo aveva probabilmente appreso da Barkley).

 

Tuttavia, ci sono alcune questioni, meno da replay e decisamente più a lungo termine, che suscitano un sano punto interrogativo, almeno finché le canoniche 82 partite non ci daranno la relativa risposta; sia chiaro, non si tratta di pronostici mascherati, prendetele semplicemente come alcuni degli interrogativi che più possono incuriosire, alcune delle numerose questioni da tenere sott’occhio mentre si dipana la stagione…

 

 

Rondo può rivelarsi il migliore assist-man?

Nella pittoresca categoria dei playmaker, ci sono quelli che fanno registrare più assist che tiri tentati dal campo (Kidd un anno fa), quelli che invece registrano più tentativi da 3 che assist (l’inarrivabile Barone nel 2003-2004) e quelli che bilanciano i tentativi personali con i passaggi vincenti, magari senza raggiungere la doppia cifra in nessuna delle due voci, come fecero Calderon e Rondo l’anno scorso.

Proprio il giovane Rajon sta vivendo un’ascesa tra i pari ruolo decisamente promettente: rispetto a due anni fa, la scorsa stagione, Rondo è passato da 5,1 e 8,2 assist a partita (con soli 3 minuti in più in campo) aumentando le palle perse di un misero 0,7; per i più raffinati: l’Ast% (% di canestri realizzati su suo assist) è passata da 28% a 39%, mentre le perse sono lievitate soltanto dal 15,7% al 19,2% dei suoi possessi.

Non solo Rondo passa quantitativamente e qualitativamente più che bene, ma, con l’aggiunta di Sheed, nuova variante tattica nell’attacco di Boston, potrà incrementare ulteriormente il proprio apporto come passatore, soprattutto considerando che il ragazzo ha sempre avuto il pregio di conoscere i propri limiti: continuano a lasciarlo offensivamente (in entrambi i sensi) libero, anche un passo dentro l’arco, ma lui solitamente non si ingolosisce, aspettando che chi tira meglio di lui (ok, quasi tutti i Celtics, tifosi inclusi) gli dia una buona soluzione per un passaggio.

Seppur ogni tanto, per amor di finta da campetto, forza la penetrazione e non trova adeguato scarico, resta comunque vero che, rispetto ai Paul, D. Williams e Nash, Rondo (ormai al terzo anno da play titolare in una squadra che conosce bene) non ha paragonabili responsabilità offensive, ma è in campo soprattutto per passare (un po’ come Kidd, nonostante le differenze), per cui in questa stagione potrebbe davvero fare il definitivo salto di qualità come assist-man.

 

 

Con quanti quintetti giocheranno i Warriors?

L’anno scorso i Warriors hanno esibito, con la mesta complicità di scambi ed infortuni, ben 47 quintetti differenti in 82 partite… è umanamente possibile fare di meglio?

Personalizzare il quintetto a seconda dell’avversario di turno sarebbe sintomo di una sconfinata versatilità tattica, di una maniacale valutazione pre-partita e di una chimica di squadra inappuntabile… siamo sicuri che stiamo parlando di Don Nelson e dei Warriors? Forza Don stupiscici ancora!

 

 

Crescerà ancora il numero dei lunghi tiratori?

A partire dall’avvento di Jack Sikma, Bill Laimbeer e Manute Bol (fine anni ’80) è iniziata a delinearsi lentamente la figura del “lungo tiratore”: giocatore con altezza da ala grande/centro, ma pericolosità perimetrale di una guardia. Se consideriamo lungo tiratore un giocatore alto almeno 6-10 che tenterebbe 1,5 tiri in 36 minuti (coordinate arbitrarie, ma, credo, ragionevoli), col passare degli anni il numero di tali centri atipici è di fatto cresciuto, toccando l’apice quantitativo nel “lontano” 2003-2003 (23 giocatori) e di fatto nell’ultima stagione erano comunque 22 (rispetto ai 13 di dieci anni fa) e considerando che dieci di loro erano compresi entro i 25 anni, il perpetuarsi della tendenza sembra già assicurato.

Cos’è che spinge i lunghi sino alla periferia dell’attacco per eseguire quello che era il tiro-tabù per i centri classici? Sgombero delle aree per favorire gli atletici spacca-caviglie del nuovo millennio, con conseguente ripiego in tiri, magari su scarico, da fuori area? Carenza di centri “allevati” come gladiatori-spartani, in stile anni ’80-’90? La necessità di “aprire” le recenti “difese ibride” con un maggior numero di minacce sul perimetro? Uno sviluppo eclettico dei fondamentali del centro per renderlo più duttile?

Forse la risposta è trasversale a tutte queste affermazioni poste qui in forma di domanda… indubbiamente, a tal proposito risultano significative due prestazioni avvenute già nelle prime giornate della stagione: nella seconda, Rasheed, uno dei patriarchi della stirpe dei lunghi tiratori, tenta solo triple, per un impavido 3/8 in neanche 16 minuti(!); altrove, il giovane Gallinari, neofita della categoria, vantava alla sua terza partita un complessivo 18/36(!!) da oltre l’arco in 31 minuti… e l’evoluzione del gioco continua…

 

 

Ci sarà ancora una drammatica differenza tra West side e East side?

L’anno scorso, il tabellone di fine regular season ci raccontava che i primi esclusi ad est erano i Pacers col 43% di vittorie, mentre ad Ovest furono noni i Suns con il 56%… inoltre, ad ovest 6 squadre su 8 avevano almeno il 60%, ad est solamente la metà… Questo scarto tra le due conferences fece discutere molto, ma non è detto che, visto il sostanziale rimescolamento dei roster (che in molti casi richiederà tempo per un riassettamento tattico stabile) e l’incognita infortuni che già s’è fatta valere all’avvio della stagione, la griglia dei playoffs finisca con il risultare un po’ più omogenea; seppure, a prima vista, è facile intuire che ai piani alti dovrebbero comunque arrivare i soliti noti… si accettano scommesse.

 

 

Contro la casistica ed i pronostici più quotati, non potrebbe esserci una finale-bis Magic vs Lakers?

Lo scenario spietatamente competitivo, almeno per come si presenta ai blocchi di partenza, rende azzardata questa ipotesi, così come confermato dalla storia recente: due finaliste non si rigiocano il titolo, a soli 12 mesi di distanza, dal biennio 97-98 (Bulls vs Jazz) e, prima di allora, nel 88-89 (Lakers vs Pistons); l’intervallo è di circa 10 anni, se la storia si ripete dovremmo esserci… comunque, senza scomodare “corsi e ricorsi storici”, entrambe le ex-finaliste hanno di fatto legittimato le proprie ambizioni con acquisizioni rilevanti che (a differenza dei Cavs, per esempio) non richiedono una drastica rifondazione degli equilibri tattici, ma garantiscono, almeno sulla carta, una maggiore versatilità del roster (nel caso di. Orlando con Bass, Barnes, J.Williams e Anderson) ed una maggiore potenzialità del quintetto (in entrambi i casi). Sia Carter che Artest hanno infatti  qualcosa in più tecnicamente rispetto ai predecessori, con Carter che oltre a tirare da 3 (38,5% l’anno scorso) e passare (spesso sottovalutato in questo) sa essere anche un temibile scorer autonomo, da isolamento (Hedo non lo era altrettanto) e con Artest che rispetto ad Ariza è sicuramente più completo in attacco (v. gioco spalle a canestro), senza di certo sfigurare in difesa.

Inoltre, entrambe le squadre hanno un giocatore in quintetto che probabilmente farà playoffs migliori dell’anno scorso: Bynum (se limita i falli) e Nelson (augurandogli di arrivarci sano). Al livello emotivo poi, i Lakers saranno certamente spinti dall’orgoglio di essere campioni in carica (oltre che dalla “fame” di Artest), mentre i Magic saranno spinti dalla voglia di rivalsa (oltre che dalla “fame” di Carter) e spesso, come noto, è proprio il sacro fuoco dell’agonismo a fare la differenza nella post-season.

La risposta l’avremo solo a Giugno, ma è sin d’ora certo che se Magic e Lakers si ritrovassero in finale, sono garantite scintille…

 

Buona stagione a tutti.

 

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